Valeria Finocchiaro è una studiosa di filosofia che si è occupata del pensiero politico leninista e ha scritto l’introduzione per una nuova edizione degli scritti di Lenin sulla questione femminile, pubblicata da Pgreco. “Ho letto innumerevoli pagine femministe, essendo io stessa una femminista – racconta -. E non mi vergogno di dire che spesso il femminismo contemporaneo è disorientante, disperso in mille correnti talvolta di difficile comprensione”.
Lenin ha il merito di scrivere con una prosa chiara, precisa e felice, servendosi di immagini potentissime, e rinunciando del tutto alla “mistica della femminilità” così comune nella sua epoca, ossia “l’idea che la donna dovesse essere rispettata in quanto essere speciale“. La sua è un’idea di società che sgrava le donne dal peso del lavoro, dove il lavoro domestico può essere rifiutato o perlomeno equamente diviso tra uomini e donne. Scrive Finocchiaro: “Nonostante questi scritti abbiano più di cento anni mantengono una lucidità e una freschezza che a volte negli avvitamenti teorici del mondo contemporaneo sembrano mancare”.
In Russia
In Russia, prima che scoppiasse la guerra in Ucraina, sembrava che solo i comunisti più irriducibili rimasti in Russia avessero a cuore gli anniversari legati a Lenin. Il presidente Vladimir Putin ha criticato più il concetto di Lenin di uno Stato federativo, con le sue entità che avevano il diritto di secedere, e gli ha attribuito pesanti responsabilità per la disgregazione dell’Urss del 1991 e per le velleità indipendentiste dell’Ucraina.
Nell’attuale Russia impegnata nel conflitto col vicino un tempo fraterno la memoria di Lenin è intrappolata tra due correnti ideologiche, predominanti dell’élite al potere: l’idealizzazione dell’epoca sovietica – vista come un momento di orgoglio per la Russia e di tenuta a bada degli avversari geopolitici — e la nostalgia per il passato zarista pre-sovietico, che Lenin disprezzava e cercava di distruggere.
Inoltre, Lenin rappresenta un’ideologia internazionalista che entra in conflitto con le attuali correnti nazionaliste russe, che si fanno beffe del cosiddette “rivoluzioni colorate” nel mondo e puntano principalmente a fare della Russia di Putin un baluardo del conservatorismo culturale.
La corda di Lenin
Per il filosofo best-seller Slavoj Zizek bisognerebbe “reinventare” lo spirito rivoluzionario di Lenin nelle condizioni di oggi. Questo però vuol dire avere a che fare con un capitalismo che, pur uscito scalfito ma vincente dalla Rivoluzione d’Ottobre, resta paranoicamente convinto di essere sul punto di morire. L’endorsement del presidente ultra-liberista argentino Javier Milei – un anticomunista radicale – da parte dell’uomo più ricco del mondo, Elon Musk, è significativo, perché dimostra che una parte dell’elite mondiale teme un ritorno del socialismo e sostiene i politici che proclamano di opporsi.
Lenin disse che i capitalisti gli avrebbero venduto la corda con cui li avrebbe impiccati. L’imprenditore hi-tech Peter Thiel ha di recente sostenuto che, con l’intelligenza artificiale, i colossi della Silicon Valley hanno venduto al comunismo cinese uno strumento di controllo sociale capillare, che minaccia di condizionare la libertà degli individui e minare le società democratiche. Un primo passo verso il ritorno del comunismo globale. L’AI, insomma, sarebbe secondo i nuovi padroni delle ferriere la famigerata corda di Lenin.
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di Paolo Mossetti www.wired.it 2024-01-20 05:30:00 ,