“L’uomo di Altamura non va spostato”, appello degli scienziati

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AGI  – No alla rimozione parziale o totale, dello scheletro dell’Uomo di Altamura dalla Grotta di Lamalunga. E’ l’appello viene lanciato dalla Ssi (Società speleologica italiana), che si unisce alle proteste del dipartimento di Scienze della terra e geoambientali dell’università ‘Aldo Moro’ di Bari, del Parco nazionale dell’Alta Murgia e della Società italiana di geologia ambientale. Queste istituzioni, già a metà febbraio, avevano espresso forti preoccupazioni sull’ipotesi di spostamento dello scheletro.

“Oltre al reperto fossile dell’Homo neanderthalensis, la Grotta di Lamalunga custodisce molti altri resti e testimonianze di carattere paleontologico, nonché peculiarità fisiche e chimiche che consentirebbero la ricostruzione dei climi e dell’ambiente del passato”, scrive Sergio Orsini, presidente della Società speleologica italiana. 

“Tutto ciò rende questo sito straordinario e unico al mondo, per il suo interesse geologico, ambientale e naturalistico, non solo paleoantropologico. È, dunque, necessario che qualunque indagine scientifica effettuata al suo interno, sia condotta adottando tutte le accortezze, etiche ed ecologiche, che il delicato sistema carsico richiede, nel totale rispetto e tutela dell’ambiente ipogeo nella sua interezza”.

La Ssi evidenzia che “la distruzione della nicchia che custodisce i resti dell’Uomo, potrebbe causare anche danni ingenti al sistema carsico, minando la conservazione e la preservazione delle specificità geologico-ambientali del sito”. La Società chiede l’avvio di un confronto sull’eventuale rimozione del reperto, “la cui esecuzione dovrà comunque essere subordinata a trasparenti e inequivocabili evidenze scientifiche che attestino un reale pericolo di deterioramento del reperto stesso, qualora questo dovesse rimanere in sito”.

Orsini auspica soluzioni alternative all’estrazione, con tecnologie che tutelino l’ambiente grotta. La Ssi mette a disposizione degli enti coinvolti le proprie competenze scientifiche, speleologiche e carsiche per “contribuire alla preservazione del sistema carsico ed alla definizione delle più opportune modalità di studio”.

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