Il vecchio governo gialloverde quello più in asse con la Russia. E chi ha lasciato i 5Stelle rimane ancorato all’ortodossia
«Colleghi senatori, confesso con sincero imbarazzo di aver avvertito, in tempi decisamente lontani, un certo fascino per la figura di Vladimir Putin». Al sesto giorno dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, nel vecchio fronte trasversale filo-putiniano italiano, che ha abbracciato Lega e Cinque Stelle, trovato simpatie in Forza Italia e nella sinistra, adesso c’è chi tergiversa, chi si nasconde, chi mescola le carte, chi ricalibra la propria posizione in chiave pacifista e anti Nato. E chi, come il berlusconiano Andrea Cangini, candidamente, ammette.
Durante il dibattito sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi in Senato (lo stesso che ha stabilito il via libera agli aiuti militari dell’Italia all’Ucraina, concluso con tredici voti contrari, tutti provenienti da ex esponenti del Movimento 5 Stelle), l’ex giornalista Cangini ha preso di petto la questione — che è politica, sociologica, persino psicologica — dell’influenza che Putin ha avuto (e in certi casi ha ancora) su un pezzo della classe dirigente del Paese. «Il decisionismo di Putin», ha scandito il senatore azzurro dopo aver rimarcato il suo «sincero imbarazzo» sulle idee di un tempo ormai lontano, «la sua capacità di influenza internazionale, il fatto di non aver smarrito il senso della tragedia, di avere una visione, ancorché salvifica, per il futuro della propria Nazione mi hanno indotto, in tempi molto lontani, a una certa indulgenza rispetto alle posizioni che la Russia assumeva sullo scacchiere internazionale».
Nel solco della maggioranza del vecchio governo gialloverde, che degli ultimi governi è stato quello «più in asse» con la Russia di Putin, la celebrazione del mito putiniano — andata avanti fino a poche settimane fa — genera imbarazzi. Il pacifismo di Matteo Salvini, come riconosce il diretto interessato intervenendo in Aula, è diventato un tema che scotta. «Ho scoperto che parlare di pace per qualcuno è un problema. Perché se sei anche filo Tizio», dove per Tizio ovviamente s’intendeva Putin, «sei equidistante». Nel Carroccio, tutti quelli che erano considerati «putiniani fino al midollo» adesso fino al midollo sono pacifisti. Stefano Candiani, ex sottosegretario all’Interno, è tra questi. «Occorre prestare molta attenzione a un concetto che non vogliamo veder replicato, ossia l’esportazione della democrazia con le bombe. Non ha funzionato in Libia e in Iraq e non funzionerebbe mai in una situazione complessa e delicata come quella in corso tra Russia e Ucraina», scandisce durante il dibattito al Senato.
Tra i Cinque Stelle, c’è chi ha cambiato idea e chi ha cambiato partito. Gianluigi Paragone, che oggi guida una formazione che si chiama Italexit, fa un rapido cambio sul banco ideale degli imputati e, al posto di Putin, fa sedere la Germania e l’Europa. «La Germania torna ad armarci perché nulla sarà come prima. Dopo le armi bianche dell’austerity a Berlino devono aver pensato che forse è il momento di investire nuovamente in armamenti. (…) L’Ue spende 450 milioni in armi perché l’Europa si fa a colpi di crisi. E magari a colpi di crisi si annette immediatamente l’Ucraina… Insomma, un bel gioco delle parti per continuare a stuzzicare colui che resta l’aggressore, perché Putin ha attaccato arbitrariamente, ma nei confronti del quale si sta ingaggiando da tempo una pericolosa partita, puntellata di provocazioni». Una tesi non troppo distante da quella dell’Alessandro Di Battista del passato prossimo («Putin non vuole una guerra», «la Russia non sta invadendo») e da quelle del sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano in un passato neanche troppo remoto («L’Ucraina è uno stato feticcio della Nato»).
Gli ex M5S usciti a ridosso dell’adesione al governo Draghi rimango nel solco dell’ortodossia delle origini. «Avete scelto di obbedire agli ordini che vi vengono imposti, anche se questi sono folli e scellerati. Io in questa follia non vi seguirò perché sono un uomo libero», urla il senatore Mattia Crucioli all’indirizzo degli ex compagni e guardando verso i banchi del governo. E Paola Nugnes, che l’altro giorno ha assolto Putin («È la Nato che ha invaso»), segue a ruota: «La verità è che il mondo è nelle mani degli interessi economici e finanziari…». Il no che fa più rumore, anche se annunciato, resta però quello di chi nel Movimento è rimasto, il senatore Vito Petrocelli.
1 marzo 2022 (modifica il 1 marzo 2022 | 22:38)
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Tommaso Labate , 2022-03-01 21:46:39
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