Un attacco da una piccola parte di dipendenti, infermieri e medici dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze nei confronti del presidente della Fondazione Meyer, Marco Carrai, nominato alla sua guida lo scorso ottobre. A raccontarlo è il Corriere Fiorentino: “Chiediamo le dimissioni di Marco Carrai da presidente della Fondazione Meyer”. Motivo della richiesta sono le posizioni di Carrai, che è anche console onorario di Israele, sul conflitto a Gaza. “Carrai sostiene pubblicamente sui social e sulla stampa la legittimità delle azioni di Israele — scrivono i lavoratori del Meyer che hanno lanciato l’appello — e non ha mai speso una parola in difesa della gente civile, né si è mai indignato per il criminale attacco agli ospedali e per il massacro di oltre 300 sanitari nell’esercizio delle loro funzioni. Per queste ragioni le finalità della Fondazione ci risultano del tutto disattese e incompatibili con la posizione attualmente portata avanti dal console onorario di Israele”.
Le dimissioni di Carrai verranno chieste pubblicamente anche lunedì mattina, quando i lavoratori che hanno lanciato l’appello restituiranno simbolicamente gli ombrelli che il Meyer ha regalato ai propri dipendenti per Natale. “Al momento abbiamo raccolto circa ottanta ombrelli (i dipendenti del Meyer tra quello amministrativo e sanitario sono circa 1.900, ndr) — spiega una delle infermiere che ha lanciato l’appello — ma contiamo di arrivare a un centinaio nei prossimi giorni. Ci tengo a precisare che il nostro non è un gesto politico, ma un dissenso, un atto umanitario. Carrai non ha detto nulla contro i bombardamenti degli ospedali, contro il mancato corridoio umanitario. E non ha nemmeno detto nulla per arginare la violenza, non c’è una sua posizione chiara su questo”.
Nell’appello viene poi sottolineato che “Carrai è console onorario di uno Stato che da anni disattende le numerose risoluzioni Onu a suo carico e che recentemente ha risposto a un attentato, sicuramente grave e per questo assolutamente da condannare, in modo chiaramente sproporzionato. Da oltre 100 giorni sta bombardando indiscriminatamente i civili palestinesi (ormai i morti sono oltre 25 mila) e nel farlo sta violando costantemente sia i diritti umani, non rispettando gli ospedali come luoghi neutrali e sicuri, tempio dell’umanità, sia la Convenzione di Ginevra, con l’uso di armi non convenzionali”.
I dipendenti del Meyer ci tengono comunque a sottolineare con fermezza che “questi nostri intenti non vogliono in nessun modo sostenere o promuovere posizioni di antisemitismo, di odio religioso o di discriminazione verso il popolo ebraico che riteniamo possa essere invece anch’esso considerato quale vittima di questa assurda e violenta politica di aggressione portata avanti dallo stato d’Israele”.
Una protesta che segue tra l’altro una petizione lanciata su change.org, in cui anche in questo caso si chiedono le dimissioni di Carrai da presidente della Fondazione Meyer. Una raccolta firme lanciata lo scorso 20 dicembre e che fino a oggi ha ricevuto quasi 10.000 firme, più di 2.000 in questa settimana.
Pronta la replica di Carrai: “Sono sconvolto e amareggiato di questi fomentatori di odio. Mi rammarico che l’imam di Firenze non senta la necessità di intervenire e dire a tutti basta con questa campagna di odio contro colui che ci ha aiutato per trovare la moschea, contro colui che si sta adoperando per far curare i bambini palestinesi al Meyer”.
Poi aggiunge: “Mi rammarico che questi odiatori non una parola abbiano detto contro le donne stuprate da Hamas, i bambini rapiti e decapitati. Non una parola. Le mie parole sono sempre le stesse: le guerre sono tragiche e non dovrebbero mai accadere, ma c’è Hamas, una organizzazione terroristica che ha fatto un atto terroristico contro gli ebrei e Israele che sono la stessa cosa. E chi non lo sa non conosce la storia del popolo ebraico e la sua persecuzione. Non capisce che necessitiamo di fermare Hamas, allo stesso modo in cui dovemmo fermare Hitler e l’Isis e che occorre agire per creare due Stati e due popoli in sicurezza. Anche per la stessa sicurezza dei Palestinesi, che sono vittime di Hamas. E per gli ebrei che neppure a casa si possono sentire sicuri. La storia si ripete sempre. Inizia dal colpire i simboli e dal lasciarli soli, poi finisce come sappiamo”.
[email protected] (Redazione Repubblica.it) , 2024-01-25 19:15:47 ,firenze.repubblica.it