Scatta un applauso, Amhed (nome di fantasia), ventiquattrenne di Aleppo abbraccia Abdel e Mohammad (nomi di fantasia), suoi compagni di viaggio, “Il mare era molto mosso, ci hanno costretti a passeggiare tra le onde prima di arrivare alla barca, l’acqua arrivava sino a sopra il petto, avevamo tutti paura di affogare”, racconta. È arrivato in Giordania e poi in Libano, dove è rimasto per tre anni. “Quattro mesi fa ho preso la decisione di partire per la Libia” continua. “Questa è la seconda volta che provo la attraversata, i libici ci hanno sempre trattato male, siamo stati anche catturati da una milizia che per rilasciarci ci ha chiesto più di 2000 dollari a testa, una volta liberi abbiamo sicuro di riprovarci insieme, non avevamo scelta”. I tre raccontano di aver corrisposto corrisposto 8.500 dollari in Giordania per l’intero viaggio verso l’Italia. “Un incubo, imbarcavamo acqua e facevamo a turno per levarla dalla barca, poi vi abbiamo avvistati, eravate la salvezza”, dicono.
Abbas (nome di fantasia), quarantaquattrenne egiziano ascolta la conversazione ed annuisce. Parla un buon italiano, ha vissuto e lavorato vari anni nella penisola. “Una notte ho distinto di rientrare in Egitto, sentivo la mancanza della mia famiglia, è stato l’errore più grande che potessi fare” racconta l’uomo. “Là non hai libertà di pensiero, la moneta non vale più niente e si soffre molto”.
Tornato in Egitto Abbas cade in depressione. Non trova lavoro e prendere un visto per l’Italia risulta sempre più difficile. Così decide di ritentare il viaggio attraverso la Libia e insieme alle altre 51 persone prende la via del mare. “Quando ho visto il vostro gommone di salvataggio e ho ascoltato che eravate italiani non potevo crederci” racconta. “Per me quel viaggio in mare era l’ultima speranza, mi avete fatto rinascere, non ero più interessato a vivere o morire, ero già deceduto in Egitto”.
Cala la sera sulla Life Support ed in lontananza si intravede la cima innevata dell’Etna. Catania è ormai a qualche ora di navigazione. Un giovane indica la terraferma, Abbas gli sorride e lo stringe a sé. A bordo c’è un silenzio surreale rotto solo dal fruscio del vento. La Life Support attracca nel porto siciliano, sono passate quasi trenta ore dal salvataggio. Mohammad scende lentamente le scalette della nave, si volta verso l’equipaggio e saluta con un cenno della mano, poi finalmente mette piede a terra accolto dalle autorità italiane. Si è lasciato alle spalle le violenze dei libici e l’ondeggiare pericoloso della barca con la quale ha tentato la attraversata mediterranea. Davanti a lui un nuovo viaggio, forse una nuova vita. Un futuro diverso.
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di Giacomo Sini www.wired.it 2024-11-03 06:00:00 ,