Poche ore e su quella strada, dove un raid aereo israeliano ha colpito un convoglio umanitario e ucciso sette operatori di World Central Kitchen (Wck), poteva esserci Federico Dessi, direttore regionale per il Medioriente della ong Humanity & Inclusion. Insieme ad altri operatori Dessi, entrato mercoledì nella Striscia di Gaza, sarebbe dovuto partire alle 8 di mattina e percorrere la stessa strada che porta verso Deir al-Balah nella cosiddetta Middle Area. Lo racconta lo stesso Dessi ad Adnkronos spiegando che ”la missione è stata sospesa per capire la dinamica dell’incidente e le ragioni per cui gli israeliani hanno bombardato un convoglio umanitario”. Dessi spiega che ”dovevamo andare a Deir al-Balah, nella Middle Area, la stessa città da cui sono partiti ieri sera i colleghi che sono stati uccisi”.
Quello che è accaduto è ”una notizia molto brutta per tutti gli operatori umanitari” e prima di ”riprendere questo spostamento occorre analizzare le informazioni che vengono dall’Onu, dal dipartimento di sicurezza delle Nazioni Unite, da Wck…”. Missione sospesa, quindi, ”fino a quando non avremo garanzie di sicurezza, garanzie che un simile attacco non si ripeta in futuro”. Ma in realtà, prosegue Dessi, ”l’unica garanzia può arrivare dal cessate il fuoco. Mettendo fine alla guerra e permettendo alla cittadinanza di tornare alle loro case. Consentendo alle associazioni di fare il loro lavoro in sicurezza, portare aiuti in grande quantità e soprattutto al nord della Striscia di Gaza dove di aiuti ne arrivano davvero pochi e gli ostacoli posti dagli israeliani sono davvero tanti”.
Obiettivo della missione di Humanity & Inclusione era quello di raggiungere ”i due uffici e un magazzino umanitario che abbiamo nella zona centrale di Gaza. Ci sono 85 persone che lavorano per noi in questa area – spiega Dessi – Avremmo dovuto incontrarle, avere riunioni di coordinamento, visitare uffici e magazzini”. Inoltre, spiega, con Dessi avrebbero dovuto partire ”due colleghi specializzati nello sminamento. Con loro lo scopo era visitare siti dove ci era stato detto che c’erano bombe inesplose. Ed eventualmente mettere dei segnali di pericolo per evitare rischi per i bambini e la cittadinanza civile in generale”. Perché nella Striscia di Gaza, spiega, ci sono ”migliaia di bombe inesplose, frammenti di esplosivi sia in terreni aperti come in spiaggia, sia sotto gli edifici crollati. La gente è in pericolo”.
L’organizzazione non governativa, intanto, continua a lavorare a Rafah e sulla costa, a Khan Younis. ”A Rafah ho visto una situazione catastrofica. Ci sono migliaia e migliaia di persone per strada, molti a piedi o su carretti trainati dagli asini”, racconta Dessi. ”Ho visitato un rifugio per sfollati. Una scuola gestita dall’Unrwa dove ci sono 5mila persone ammassate, 4, 5 o 6 famiglie per classe. E nel cortile baracche o tende realizzati con mezzi di fortuna”, spiega. ”La gente ha paura, è molto preoccupata dei bombardamenti quotidiani e della minaccia di una potenziale offensiva su Rafah che li costringerebbe a scappare ancora, ma non si sa dove”, conclude.
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2024-04-02 18:30:03 ,