Netflix: perché gli attori italiani hanno fatto causa alla piattaforma di streaming

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Se da una parte piattaforme come Netflix hanno dato nuova linfa alle produzioni cinematografiche e televisive in Italia, con decine e decine di produzioni originali ordinate nel nostro paese negli ultimi anni, c’è anche chi intravede in questo nuovo mercato delle derive inquietanti. Tra questi c’è Artisti 7607, organismo di gestione collettiva dei diritti connessi al diritto d’autore che raggruppa numerosi tra i nomi più importanti dello spettacolo italiano, da Elio Germano a Claudio Santamaria, da Kasia Smutniak a Valerio Mastandrea, passando per migliaia di altri. Dopo trattative durate mesi, il collettivo ha deciso di fare causa a Netflix al Tribunale civile di Roma, con l’accusa di non condividere informazioni precise sul successo dei suoi titoli, una lacuna che porterebbe a compensi non commisurati per gli attori coinvolti nei vari progetti.

I motivi

La causa è l’inevitabile conseguenza di sterili e lunghe trattative nel corso delle quali la piattaforma non ha ottemperato agli obblighi di legge; non ha fornito dati completi sulle visualizzazioni e i ricavi conseguiti in diverse annualità”, ha dichiarato Cinzia Mascoli, presidente di Artisti 7607, sostenendo che senza questi elementi non è possibile definire una remunerazione equa e proporzionata: “Anche per opere di grande successo, gli artisti si vedono corrispondere cifre insignificanti e totalmente slegate dai reali ricavi”. Nel nostro paese esistono infatti già norme, come il decreto legislativo 35/2017, che impongono alle emittenti di rendere pubblici i loro dati sullo sfruttamento delle opere, e anche direttive europee che sanciscono il diritto degli artisti a ricevere compensi adeguati e proporzionati. L’assenza di sanzioni definite, però, rende questo ambito ancora molto vago, soprattutto nelle comunicazioni dei vari operatori.

La posizione di Netflix

Da parte sua Netflix sostiene di aver raggiunto accordi siglati con tre diverse società che rappresentano attori e creativi in Italia, tra cui il nuovo Imaeie (Istituto Mutualistico Artisti Interpreti Esecutori), che di per sé dovrebbe raggruppare fino all’80% degli interpreti nostrani. Secondo la piattaforma di streaming, è piuttosto la frammentazione degli attori in diverse società di rappresentazione che rende più difficile e meno omogeneo il percorso di trattativa. Toccherà ora al Tribunale stabilire se c’è stato effettivamente uno sfruttamento. La protesta degli attori arriva a poche settimane di distanza dallo sciopero dei doppiatori, che hanno interrotto la loro attività per una ventina di giorni chiedendo il rinnovo del contratto nazionale e ritmi di lavoro meno serrati, dato che la produzione sempre più ingente delle piattaforme streaming, soprattutto a livello di serie, li costringe a turni massacranti e a produzioni in batteria spesso a discapito della qualità. 



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di Paolo Armelli www.wired.it 2023-03-27 09:07:03 ,

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