“Meglio che a Sanremo abbia vinto il rock moderno dei Maneskin che un brano rap”. Parola di Nicola Di Bari. Intervistato dal Corriere, l’81enne cantante pugliese torna a raccontare la sua vita d’artista, i suoi successi proprio a Sanremo nei primi anni settanta, l’ultima capatina sul set di Zalone in Tolo Tolo (“Checco è l’erede di Benigni e Troisi”), e le delicatissime operazioni chirurgiche a cuore e intestino subite in quest’anno terribile di paura del Covid. Tutto è accaduto a settembre scorso, quando all’improvviso il cantante di Zapponeta (Manfredonia) si è svegliato con una febbre altissima.
“Credo di avere il Covid. Invece è l’aorta – spiega Di Bari, all’anagrafe Michele Scommegna – E sono fortunato perché mi opera uno bravo come il professor Roberto Chiesa. Tutto bene? Mica tanto. Dieci giorni dopo una emorragia intestinale. Di nuovo salvato da un altro bravo chirurgo (la dottoressa De Nardi) e accudito al San Raffaele. Due interventi in 10 giorni andati bene. Sono fortunato”.
Di Bari ricorda allora le leggende metropolitane che cominciano a girare sulla sua morte. Tutte balle, spiega con piglio deciso: “Durante il ricovero girano leggende metropolitane che mi vogliono moribondo o in terapia intensiva. Balle”. Perché ora dopo una convalescenza lenta e faticosa ecco tornare la voglia di salire sul palco per cantare un po’ come è accaduto anche nel febbraio 2020 quando poco prima che il mondo si fermasse per il Covid era a Miami in Florida protagonista di un concerto applauditissimo a San Valentino. “Ora ho solo un desiderio: essere vaccinato. Ricevo continuamente proposte di lavoro che non posso accettare. Senza vaccino alla mia età non si può andare da nessuna parte”.
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