Non c’è da farsi ingannare dal primo impatto. Non è quello giusto. Robots – Il robot che sembrava me (uscito da qualche giorno su Amazon Prime Video) si presenta male, con immagini da poco, valori produttivi a terra e un generale senso di povertà da produzione a costo infimo e resa infima. Sembra insomma fatto male senza alcuna professionalità. Parzialmente è vero, rimarrà così un po’ sempliciotto fino alla fine, ma bastano pochi minuti perché questo look così strano per un film americano (la cui caratteristica, anche nelle produzioni peggiori, è sempre di sembrare ben fatti) diventa stile e contribuisca al divertimento.
È la storia di un uomo e una donna che in un prossimo futuro in cui esistono robot con intelligenze artificiali che fanno i compiti e i lavori da poco per gli umani, hanno un robot copia di sé illegalmente. È infatti vietato usare delle proprie repliche ma loro lo fanno lo stesso, il primo lo usa per rimorchiare donne (e poi entra in gioco lui quando si passa al sesso) e la seconda per fare proprio tutto il percorso, anche quello sessuale, ed entrare in gioco quando c’è da incassare i regali, le borse e i gioielli. Incarnano insomma i peggiori stereotipi sui rispettivi sessi: il primo è uno sciupafemmine, la seconda una mantenuta. Quando il primo manda il suo robot a rimorchiare la seconda, e la seconda fa lo stesso con il proprio, i robot si innamorano e scappano via insieme, lasciando la coppia non solo a terra ma con il rischio che si scopra che avevano queste copie illegali di sé. Dovranno inseguirli nel viaggio verso il Messico (dove i robot sono liberi e non schiavizzati come negli Stati Uniti) nel tentativo di recuperarli.
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di Gabriele Niola www.wired.it 2023-07-18 14:23:53 ,