«Ora Erdogan ha un debito con Putin che gli presenterà il conto»- Corriere.it

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DALLA NOSTRA INVIATA ISTANBUL Ha passato la notte insonne Soli Ozel, docente di relazioni internazionali alla Kadir Has University di Istanbul, e assicura «dopo il risultato di oggi (ieri ndr) non dormirò più bene»

Perché professore?
«Visto che le condizioni economiche peggioreranno e l’inflazione crescerà, non c’è nulla di cui stare allegri, tutti nel sentiremo il peso, probabilmente l’inflazione crescerà. La classe media istruita e le grandi metropoli sono state più colpite dalla crisi economica mentre meno le città più piccole nel sud. Politicamente poi mi sorprenderei se Erdogan decidesse di aprire una nuova pagina, dopotutto è il centenario della Repubblica, abbassiamo i toni, evitiamo le polarizzazioni e andiamo avanti».

La Turchia sembra sempre più pervasa da un’ondata nazionalista e anti rifugiati. A cosa è dovuto?
«Il nazionalismo c’è sempre stato, penso che ora si veda di più, assistiamo a manifestazioni più radicali di questo sentimento. Bisogna pensare che sono passati dodici anni dalla guerra siriana e da allora abbiamo accolto ufficialmente 3,6 milioni, probabilmente quattro, di rifugiati siriani e un numero sconosciuto di pachistani, afgani, africani. All’inizio sono stati benvoluti perché fornivano lavoro a basso costo ma ora le condizioni economiche si sono deteriorate e, di conseguenza, anche la tolleranza è scesa sotto il livello di guardia. I rifugiati hanno fatto aumentare gli affitti delle case. L’anno scorso è nato il partito Zafer che punta solo su questo tema. Razzista, nazionalista. L’opposizione ha sempre osteggiato la politica delle frontiere aperte. Erdogan sul tema è ambiguo. Da una parte dice che li rimpatrierà e dall’altra fa riferimento alla storia islamica e al fatto che bisogna accogliere».

Però nonostante questo è stato eletto, come mai?
«La campagna elettorale nel secondo round è stata ancora più sbilanciate di quella del primo turno. Se allora Kiliçdaroglu aveva avuto 32 minuti contro le 32 ore del Reis (capo in turco ndr) ora non è proprio apparso in tv. Non è stata un’elezione alla pari. Il governo ha mobilitato tutto l’apparato dello Stato in suo favore».

Una vittoria di Erdogan cosa comporterà dal punto di vista internazionale?
« Putin presenterà il conto, di sicuro chiederà i soldi per il gas che ci ha fornito e che non abbiamo pagato per mesi ma poi chissà cos’altro vorrà. Probabilmente gli basterà che sia rimasto al potere visto che hanno rapporti buoni. Per quanto riguarda la Nato continuerà il braccio di ferro sull’entrata della Svezia. Ankara ha detto che le sue condizioni non sono state soddisfatte ma la Svezia non estraderà mai le 70 persone richieste. Probabilmente si continuerà a negoziare sugli F16 e in molti pensiamo che alla fine ci sarà un do ut des su questo e la Svezia nella Nato. E poi negli ultimi due o tre giorni di campagna elettorale il presidente ha parlato del denaro che arriverà dai Paesi del Golfo, non si sa quanto e se basterà per dare fiato al Paese. E ha anche rilanciato il progetto di costruire Kanal Istanbul per collegare il mar Nero al mar di Marmara, un progetto molto costoso».

E le relazioni con l’Unione Europea?
«Rimarranno in coma profondo, non ci sarà alcuna possibilità per una circolazione libera dei cittadini turchi o un aggiornamento delle regole doganali. I rapporti con gli Stati Uniti resteranno tese, l’uso del sistema missilistico S400 rimane un problema e poi l’appoggio che gli Usa danno ai miliziani curdi dello Ypg in Siria non può essere accettato da Ankara».

Negli ultimi mesi Erdogan si è riavvicinato ad Assad, quali sono le ragioni di questo cambio di rotta?
«Erdogan vuole incontrare Bashar Assad ma il presidente della Siria vuole che prima la Turchia se ne vada dai territori nel nord del Paese. Assad è in buon momento, è stato anche riammesso nella Lega Araba. E penso che ci saranno molte pressioni da parte dei Paesi arabi perché l’esercito turco faccia retromarcia».

Mi sembra che il voto dipinga una società spaccata in due, c’è la possibilità di una conciliazione?
«È un Paese diviso, sono due visioni opposte della società, ad ottobre si celebrerà il centenario della Repubblica e chiaramente il voto delinea in che direzione vuole andare. Dall’altra parte l’opposizione ha dovuto combattere il clientelismo, l’uso spudorato delle risorse dello Stato per far incassare voti all’Akp. La società voleva il cambiamento, tutti i sondaggi lo dicono, ma probabilmente non si è fidata dell’opposizione. Poi c’è anche da considerare un numero imprecisato di nuovi cittadini arrivati dalla Siria, dall’Afghanistan, dell’Irak o da altri Paesi che hanno avuto diritto di voto e quei 14-15 milioni che dipendono dai sussidi pubblici e che hanno scelto il presidente in carica per ragioni economiche più che ideologiche».

L’economia sarà un grosso problema per il nuovo presidente, lei crede che Erdogan cambierà la sua politica di abbassare i tassi di interesse?
«Le condizioni economiche peggioreranno e spingeranno la Turchia a chiudersi in se stessa. Non penso che i soldi che arriveranno dai Paesi del Golfo servirà per alleviare le condizioni economiche. Ci sono 78 miliardi di debito e non sappiamo nemmeno se la cifra non sia maggiore una volta considerate le banche pubbliche e le istituzioni. Non riusciamo a frenare l’inflazione con le esportazioni, finanziariamente siamo in buco nero».

Parliamo dei curdi, la vittoria di Erdogan porterà alla messa al bando dell’Hdp e a nuove persecuzioni?
«Una cosa è sicura: chi è in carcere non uscirà. E poi tra dieci mesi ci sono le elezioni comunali, potrebbero renderle difficili, è già successo che gli eletti finiscano in galera dopo due mesi e al loro posto un sostituto. E poi c’è la questione del sindaco di Istanbul che è già stato condannato e se la sentenza sarà confermata potrebbe essere sostituito prima del voto».

L’opposizione aveva veramente creduto di poter vincere, cos’ha sbagliato Kilicdaroglu?
«Sicuramente ci sarà da fare un’analisi approfondita del voto ma è certo che Erdogan ha perso due punti e mezzo. Se sommiamo tutto il voto di protesta, aggiungendo quello dell’ultranazionalista Ogan a quello della coalizione della Nazione vediamo che alla fine è maggioritario».



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www.corriere.it
2023-05-28 22:15:42 ,

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