Cresce la tensione tra L’Aia e Roma in merito al caso Almasri. La Corte penale internazionale (Cpi) ha richiesto chiarimenti ufficiali all’Italia riguardo alla liberazione del generale libico accusato di crimini contro l’umanità, avvenuta il 21 gennaio. In una nota formale, la Cpi ha evidenziato che il rilascio è avvenuto “senza preavviso né consultazione”, denunciando la mancanza di collaborazione nell’esecuzione del mandato d’arresto internazionale. La corte ha ribadito che “tutti gli stati hanno il dovere di cooperare pienamente con la Cpi nelle sue indagini e azioni penali relative a crimini internazionali” e ha sollecitato “una verifica dettagliata da parte delle autorità sui provvedimenti adottati”.
La cronologia degli eventi
Il caso Almasri ha avuto inizio il 18 gennaio, con l’emissione di un mandato di arresto internazionale da parte della Cpi per crimini di guerra e contro l’umanità. La richiesta del procuratore era stata formalizzata lo scorso 2 ottobre.
Sabato 19 gennaio Almasri viene localizzato in Germania: il generale si era presentato in un autonoleggio per chiedere informazioni sulla possibilità di riconsegnare un’auto a Fiumicino. In quel momento scatta l’allerta internazionale.
Un funzionario della Corte penale internazionale, che ha sede nei Paesi Bassi, contatta immediatamente l’ambasciata tricolore nel paese per segnalare l’imminente ingresso del generale Almasri nel territorio italiano. Il generale viene, quindi, arrestato a Torino la sera del 20 gennaio nel suo hotel. L’uomo si trovava in città perché aveva assistito al match Juventus-Milan, in programma il 18 gennaio. Il fermo da parte della Digos avviene applicando una procedura d’urgenza, senza però ottenere in anticipo l’autorizzazione del incarico della Giustizia.
La Corte penale internazionale sostiene dunque di aver avvisato il governo italiano attraverso i canali diplomatici dell’ambasciata. Tuttavia, il incarico della Giustizia non avrebbe ricevuto alcuna comunicazione prima del 20 gennaio.
Secondo quanto ricostruisce Repubblica, il Guardasigilli avrebbe potuto sanare le “irritualità” dell’arresto, ma non è intervenuto per volontà del governo.
La tempistica del rimpatrio solleva ulteriori interrogativi. Nella mattinata di martedì, mentre il incarico della Giustizia stava ancora formalmente esaminando il caso, un volo era già decollato da Ciampino diretto a Torino Caselle per prelevare Almasri. Nel pomeriggio, il incarico diffondeva una nota in cui dichiarava di essere ancora in fase di valutazione della situazione, mentre l’aereo era già in volo verso Tripoli.
Le accuse e le implicazioni diplomatiche
La decisione di non trattenere Almasri assume particolare rilevanza alla luce delle gravi accuse che gli sono state addebitate. Come direttore del carcere di Mitiga, secondo le testimonianze raccolte, avrebbe ordinato e supervisionato torture sistematiche, omicidi e la riduzione in schiavitù di migliaia di migranti subsahariani. In qualità di capo della Rama, la polizia giudiziaria libica, sarebbe inoltre corresponsabile di massacri e sparizioni a Tarhuna, dove sono state rinvenute decine di fosse comuni. Il rilascio perciò potrebbe inserirsi in un contesto di delicati equilibri diplomatici con la Libia. Almasri, come riporta Repubblica, è un uomo di fiducia dell’attuale governo di Tripoli e supervisiona l’aeroporto di Mitiga, snodo decisivo per il controllo delle partenze dei migranti verso l’Italia. Il generale, secondo le fonti diplomatiche, sarebbe stato in Italia anche in passato, prima dell’emissione del mandato di cattura internazionale.
Il caso approderà in parlamento la prossima settimana. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, dopo un’interlocuzione tra il ministro per i Rapporti con il Parlamento Luca Ciriani e le presidenze di Camera e Senato, terrà un’informativa nelle aule parlamentari. Un passaggio che si preannuncia delicato, nel quale il titolare del Viminale dovrà spiegare non solo le ragioni del rilascio, ma anche le modalità con cui è stato organizzato il rimpatrio con un volo di Stato mentre il incarico della Giustizia sosteneva di stare ancora valutando il caso.
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di Riccardo Piccolo www.wired.it 2025-01-23 12:04:00 ,