Petrolmafie, così la ‘ndrangheta era pronta con un gruppo del Kazakistan a fare concorrenza all’Eni e alla Lukoil

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Pensavano in grande, gli uomini della ‘Ndrangheta appartenenti al clan di Luigi Mancuso. Puntavano a costruire un impero nella distribuzione del gasolio e della benzina tale da fare concorrenza a colossi come l’Eni e la Lukoil. Portando in Italia un pezzo dell’ex impero dell’Est, la Rompetrol oggi appartenente ad un gruppo Kazako e costruendo nel porto di Vibo Valentia un molo con boa per far attaccare le petroliere. Un business da centinaia di milioni di euro, con broker e colletti bianchi che consapevoli di avere a che fare con uno dei più potenti clan calabresi, hanno fatto da intermediari con un manager del Kazakistan. La procura di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri ha svelato un giro di incontri e progetti di grandi affari facendo emergere anche i forti interessi nei depositi di carburante e nella loro distribuzione da parte della ‘Ndrangheta: un settore che per la mafia calabrese inizia a valere già oggi quasi quanto quello della droga. 

L’inizio dell’affare

Questa storia di incontri e grandi progetti, poi sospesi perché dall’Est hanno sentito puzza di bruciato e perché uno degli intermediari è stato arrestato con l’accusa di omicidio, inizia alla fine del 2018. Quando i broker milanesi Francesco Mazzani, figlio di un noto politico della Democrazia cristiana braccio destro dell’ex  ministro Vittorino Colombo, e Francesco Porretta iniziano a lavorare per far incontrare i proprietari di una società di deposito carburanti calabrese, la Dr Service dei fratelli Giuseppe e Antonio D’Amico, con il manager della Rompetrol Arman Magzumov. Intercettato a Milano, Mazzani parla con Porretta della imminente missione a Vibo Valentia e «informa l’interlocutore del buon esito dell’incontro avuto con tale Arman e aggiungeva che ci sarebbe stata anche la possibilità di creare una “partnership in Italia”, aggiungendo che “loro hanno già clienti per questa partnership in Nord Africa” e che la Rompetrol aveva paventato la possibilità di “imprimere il loro marchio nelle stazioni di benzina”». 

Ad accogliere i due intermediari in Calabria ci sono innanzitutto i fratelli D’Amico, Giuseppe e Antonio, patron della Dr Service, società che gestisce già depositi di carburante.  Chi sono i due fratelli calabresi? Su Giuseppe D’Amico gli inquirenti scrivono un lungo paragrafo: «Imprenditore di riferimento dell’organizzazione e formalmente affiliato (con la dote della “santa”), già in passato legato – per ragioni di provenienza territoriale e familiare – alla cosca dei “Piscopisani” e più recentemente uomo di fiducia della cosca Mancuso di Limbadi e di Luigi Mancuso in particolare (con il quale era a stretto e diretto contatto), titolare di attività finanziate anche con il denaro proveniente da varie consorterie ‘ndranghetistiche (Piscopisani, Mancuso, Alvaro, Piromalli), inserito in un collaudato sistema di controllo mafioso dei lavori pubblici e privati fondato sulla imposizione sui cantieri di ditte compiacenti o contigue. A disposizione dell’organizzazione ed in ottimi rapporti, oltre che con i Mancuso, anche con altre articolazioni della ‘Ndrangheta, sia vibonese che del “reggino” (cosca Piromalli)». 

Giuseppe D’Amico conosce bene il settore dei carburanti. Parlando con la nipote di Luigi Mancuso, Silvana, e l’intermediario Porretta,  si vantava di operazioni fatte in passato anche con la famiglia dell’ex sottosegretario Nicola Cosentino: «D’Amico poi, elencando anche tutte le opportunità derivanti dalla vendita della lavorazioni dei prodotti petrolifici, riferiva al Porretta come per un periodo, approfittando del fatto che si erano interrotte le forniture di gas dalla Russia, era riuscito a vendere il Gpl ad un’azienda di Casal di Principe “che è il fratello del ministro Cosentino (sottosegretario, ndr)… non abbiamo problemi perché li conosciamo». 

Mazzani, Porretta e D’Amico parlano di possibili investimenti in depositi di carburante nella costa dei Vibo Marina. La sera prima dell’incontro con i kazaki, Porretta chiama la compagna Irina Paduret e le dice che  «al pranzo previsto per il giorno dopo alla presenza di “Arman”, avrebbe partecipato anche “lo zio” (Luigi Mancuso)»: «Quindi Porretta riferiva di aver appreso da Mazzani che i kazaki formalmente non potevano comparire nell’eventuale operazione commerciale motivo per il quale gli stessi Mazzani e Porretta avrebbero detenuto – per conto dei kazaki – le quote sociali della nascente società». 

Il pranzo di lavoro con Luigi Mancuso e i piani dei Kazaki

L’indomani, 18 gennaio 2019, arrivano in Calabria Arman Magzumov e la moglie e si organizza un pranzo di lavoro in un locale di Vibo Valentia. All’appuntamento si presenta il capo clan in persona, Luigi Mancuso. Che ai kazaki, prima di entrare nel merito dell’affare carburanti, propone anche altre attività, come la commercializzazione dell’Amaro del Capo prodotto dalla “Distelleria Caffo” di Limbadi: «D’Amico e Luigi Mancuso tornava noin argomento per ciò che concerne la commercializzazione del liquore “Amaro del Capo” asserendo che il proprietario “è una persona vicina a noi”, al punto che lo stesso Mancuso proponeva di recarsi presso lo stabilimento per farlo conoscere agli ospiti kazaki: “[..] e si può andare pure con loro …”». Subito dopo Magzumov spiega, si legge nell’ordinanza, «la strategia che Rompetrol vorrebbe attuare in Italia, simile ai progetti attuati nel nostro paese da Lukoil…e che aveva in programma di realizzare in Italia una serie di stazioni di rifornimento che rappresentassero sul territorio la rete di distribuzione a marchio Rimpetrol, sul modello Lukoil. Per questa esigenza, Mazzani, traducendo il discorso in inglese di Magzumov per i calabresi, chiariva che erano già pronte le linee guida per la creazione di stazioni di servizio secondo i criteri commerciali del gruppo petrolifero romeno». Ma i calabresi pensavano in grande ed erano pronti a trasformare il porto di Vibo Valentia in uni hub del commercio di petrolio nel Mediterraneo, senza toccare Gioia Tauro sotto al protezione di altre ‘ndrine. Conversando Giuseppe D’Amico spiegava a Porretta «della possibilità di acquistare un terreno di 10 ettari (di proprietà di un soggetto catanzarese, ndr.), per farvi costruire un deposito costiero di carburante collegato ad una boa rotante da installare al largo della costa (a 1,5 km), dove consentire alle navi di grosso tonnellaggio (da 25.000 ton in su) lo scarico del prodotto, canalizzato li al deposito tramite condotto sottomarino. In considerazione di ciò, D’Amico riferiva di essere in possesso già di tutta la documentazione che attestava la fattibilità del progetto e che pertanto poteva ora essere posta in visione ai fornitori kazaki, atteso che analogo progetto, tempo addietro, lo aveva curato per conto di un possibile investitore russo».

Nicola Gratteri durante la XXVII edizione del Salone Internazionale del Libro al Lingotto, Torino,9 Maggio 2014 ANSA/ ALESSANDRO DI MARCO (ansa)

Stop all’operazione

Ma poi l’affare si inceppa. Forse i kazaki fiutano qualcosa, tanto che Magzumov non fa mai arrivare in Calabria il suo capo, il presidente della Rompetrol. Formalmente per «la problematica inerente la documentazione aziendale della Dd Service la quale, tra i settori in cui risulta operare, vi è anche quello dei trasporti nonché quello edile. La predetta situazione verosimilmente, poteva costituire un ostacolo al buon andamento della trattativa con Rompetrol che invece, come abbiamo visto, era alla ricerca di aziende referenziate con cui negoziare e tentare così l’espansione sul mercato italiano dei propri prodotti petroliferi», scrivono gli inquirenti, che intercettando un altro dialogo tra gli intermediari, aggiungono: «Il dialogo in esame consentiva anche di apprendere un’informazione finora non emersa riguardo la mancata partecipazione del presidente della società Rompetrol alla trattativa avvenuta a Vibo Valentia la settimana prima. Infatti, come si è avuto modo di constatare, la presenza di quest’ultimo, prevista in un primo momento, era poi di fatto saltata per non meglio precisati impegni di lavoro. Invece era  Antonio Prenesti (detto “Mussustortu” e affiliato al clan Mancuso, ndr) a portare a conoscenza i D’amico del fatto che il presidente della Rompetrol, già presente a Roma, era stato avvertito di non recarsi in Calabria dallo stesso Mazgumov, e ciò evidentemente per il fatto che quest’ultimo aveva rilevato le criticità relative la società Dr Service». Ma l’affare salta anche perché il collettore tra i broker milanesi e i Mancuso, Antonio Prenesti, è stato arrestato per omicidio e tentato omicidio». 

Per il procuratore Nicola Gratteri l’affare kazako dimostra la potenza della ‘Ndrangheta e il suo modo di pensare in grande: «Una cosa di questa indagine mi ha colpito – ha detto Gratteri – la riunione che nel gennaio 2019 c’è stata a Vibo Valentia nell’osteria Da Roberto. Qui l’imprenditore D’Amico, che ha un grosso deposito di carburanti a Maierato, in quell’occasione ha avuto una riunione con un rappresentante del Kazakistan della Kmg la più grande industria estrattiva di gas e petroli».  Mancuso in un dialogo ha detto di poter fare ritirare le licenze perfino all’Eni in un deposito che poteva essere concorrente. «”Non è un problema” ha detto Luigi Mancuso – racconta Gratteri – “io gli faccio ritirare le licenze all’Eni dagli enti locali e così noi utilizzeremo anche le licenze dell’Eni». Questo episodio che le mafie non hanno limiti e sono capaci di interagire con chiunque e a qualsiasi livello».



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