di Tommaso Meo
L’Unione europea è preoccupata per l’influenza dei social sulle elezioni. Per questo motivo ieri la Commissione ha presentato una proposta per rendere più riconoscibili gli annunci politici che le persone vedono online. Le piattaforme, secondo i nuovi piani, dovranno segnalare chiaramente gli spot politici a pagamento, pena multe salate.
“La pubblicità digitale per scopi politici sta diventando una corsa incontrollata di metodi sporchi e opachi”, ha affermato la vicepresidente della Commissione europea Vera Jourová, presentando la nuova legge: “Una miriade di società di analisi e comunicazione lavorano quotidianamente con i nostri dati per cercare di capire il modo migliore per convincerci a comprare qualcosa o votare per qualcuno o non votare affatto”.
Obiettivo della proposta è consentire alle persone di essere in grado di distinguere nettamente gli annunci dai contenuti organici “perché i contenuti a pagamento saranno chiaramente etichettati”, ha detto Jourová. Le pubblicità dovranno poi mostrare in modo ben visibile chi ha pagato la sponsorizzazione, quanto è costata, da dove provengono i soldi e a che voto si riferisce.
Contro il micro-targeting
Non solo. Un altro passo importante della proposta di legge è quello che prende di mira il micro-targeting. Le grandi aziende tecnologiche dovranno rivelare quali dati sono stati utilizzati per raggiungere gli utenti e gli annunci non si potranno basare su dati sensibili come origine etnica, convinzioni religiose o orientamento sessuale senza un consenso esplicito. “I dati sensibili che le persone decidono di condividere con gli amici sui social media non possono essere utilizzati per prenderli di mira per scopi politici”, ha insistito la commissaria per i valori e la trasparenza.
La proposta sembra essere stata accolta con favore anche dai diretti interessati. Meta ha affermato di chiedere da tempo un intervento dell’Unione europea sugli annunci politici, mentre Google ha detto di avere sostenuto le proposte e ha raccomandato alla commissione di definire chiaramente gli spot politici e precisare le responsabilità per le piattaforme tecnologiche e gli inserzionisti.
Qualche dubbio sull’effettiva efficacia della proposta della Commissione però c’è. Molte interferenze elettorali infatti provengono dall’esterno. Su questo la Commissione afferma che richiederà alle organizzazioni che forniscono servizi di pubblicità politica nell’Unione, ma non hanno una presenza fisica qui, di designare un rappresentante legale negli Stati membri, anche se non è chiaro come questo possa limitare le influenze.
Un altro problema, secondo TechCrunch, è che tutti questi obblighi di trasparenza si applicheranno solo ai “servizi di pubblicità politica”. La propaganda che viene caricata su piattaforme online come Facebook da un singolo utente “apparentemente sfuggirà alla necessità di qualsiasi responsabilità di trasparenza”. In questi casi saranno ancora le piattaforme stesse a dover rimuovere singolarmente la disinformazione e la propaganda, anche se, come si è visto con Facebook, il risultato non è scontato.
In ogni caso le regole sugli annunci politici devono essere approvate – e magari inasprite – sia dal Parlamento europeo che dal Consiglio e la Commissione spera entreranno in vigore entro il 2024, anno delle prossime elezioni europee. A controllare il rispetto della legge saranno le autorità per la protezione dei dati in ciascuno dei Paesi membri, che potranno anche decidere l’entità delle sanzioni. Il piano fa parte di un più ampio giro di vite europeo sulle big tech e arriva poche settimane dopo che la whistleblower di Facebook Frances Haugen ha rivelato alcuni problemi dell’azienda con la privacy e la sicurezza dei propri utenti.
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www.wired.it
2021-11-26 14:00:00