Quali sono le varianti e perché preoccupano 

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AGI – Da quando il virus Sars-Cov-2 ha fatto la sua comparsa sono state registrate migliaia di varianti. Ma mai come in queste settimane l’allarme è aumentato in tutto il mondo, con tre mutazioni che hanno destato non pochi timori da parte della comunità scientifica. Sono le varianti inglese, sudafricana e brasiliana, contro le quali si sta cercando di capire quali vaccini possono funzionare o meno. A preoccupare di più è la variante inglese, che un’indagine lampo condotta dall’Iss ha individuato addirittura in un caso su 5 in Italia, prevedendo entro 5-6 settimane il “dominio” totale di questa variante su tutte le altre anche nel nostro Paese. Ecco un identikit delle tre varianti.

Variante inglese

E’ la prima ad aver allarmato la comunità scientifica, a causa delle numerose alterazioni a livello genetico che la caratterizzano. Si chiama B.1.1.7 e, secondo gli scienziati, ha avuto origine nel Sud-Est dell’Inghilterra a settembre. Si è diffusa molto in fretta da novembre in poi. Le alterazioni che caratterizzano questa variante sarebbero almeno 23, 14 delle quali localizzate sulla proteina spike, la “chiave” d’ingresso del virus nella cellula. Stando alle osservazioni degli studiosi, questa variante presenta maggiori capacità di legarsi al recettore ACE-2 umano e pertanto rende più semplice la propagazione del virus.

I primi dati indicano che probabilmente è più contagiosa, ma non più virulenta, anche se recenti studi parlano di un aumento fino al 30% della letalità, ma non è ancora chiaro se sia un dato legato davvero alla sua gravità intrinseca o spiegabile con la maggiore diffusione di questo tipo di virus tra le categorie fragili. In ogni caso sembra possa essere neutralizzata dagli attuali vaccini anti-Covid. Dai primi studi infatti emerge che i vaccini Pfizer, Moderna e Astrazeneca funzionino contro questa particolare variante.

Variante sudafricana

Si tratta della versione “501.V2” di Sars-CoV-2, individuata i primi di ottobre. Pare abbia iniziato a dominare molto rapidamente in Sud Africa. A metà novembre, “501.V2” rappresentava il 90% dei genomi sequenziati dagli scienziati sudafricani. I dati genomici ed epidemiologici suggeriscono che, come per la variante inglese, anche questa sudafricana sia più contagiosa ma non più pericolosa. Nel complesso la variante conta 21 mutazioni, nove delle quali concentrate nella spike. I vaccini attualmente disponibili sembrano perdere di efficacia contro questa variante (è della settimana scorsa l’annuncio in tal senso di AstraZeneca), tranne quello prodotto da Moderna.

Variante brasiliana

E’ la variante B.1.1.28 riscontrata più recentemente in un caso di reinfezione: un’infermiera 45enne si è ri-ammalata con questa nuova variante 5 mesi dopo essersi ripresa da una precedente infezione causata da un ceppo più vecchio. Nella seconda infezione i sintomi della donna sono peggiorati. Questa variante contiene mutazioni preoccupanti perché, una in particolare, cambierebbe la forma della proteina spike all’esterno del virus in un modo che potrebbe renderla meno riconoscibile al sistema immunitario rendendo più difficile il compito degli anticorpi. Si sta ancora studiando se questa variante puo’ rendere inefficaci gli attuali vaccini e i risultati preliminari sono poco incoraggianti. 

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