Quando l’unione fa la forza

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Mezzogiorno, 10 settembre 2021 – 14:04

Il laboratorio della Valle d’Itria

di Sergio Talamo

La Puglia come laboratorio continua a sorprendere, e questa volta non parliamo di accordi politici ma di qualcosa di più solido: l’assetto istituzionale italiano. L’Unione della Valle d’Itria, battezzata pochi giorni fa a Martina Franca, può aprire scenari molto innovativi. Comuni afferenti a tre diverse province – Alberobello e Locorotondo (Bari), Martina Franca (Taranto) e Cisternino (Brindisi) – superano rigidità e rivalità e si mettono insieme. Li uniscono non solo le tradizioni e i paesaggi ma soprattutto gli interessi: ad esempio, per fare squadra sul turismo la carta vincente è creare infrastrutture e standard di servizio corali. L’anello mancante delle politiche pubbliche è spesso proprio il “pensare sé stessi”, cioè cosa vogliamo essere e diventare, come vogliamo proporci ai nostri cittadini e ai visitatori. È da questo tipo di analisi che dovrebbe derivare il miglior uso delle risorse economiche. L’Unione della Valle d’Itria fa sperare che tale uso possa diventare meno parcellizzato e occasionale. Non ci vuol molto a capire che una fontana o un parco non valgono l’ideazione di un itinerario in cui miscelare natura, arte e gastronomia. Che questa unione sia un caso unico a livello nazionale non deve stupire, nel paese dei campanili assuefatto al conflitto permanente.

L’Italia è dalle sue origini influenzata dal modello centralistico napoleonico. La storia nazionale è costellata di forzature che esaltavano lo Stato a scapito del singolo cittadino e delle periferie. Dopo l’assolutismo fascista e la primavera dello statalismo che fu alla base del boom economico perlomeno dal 1970, anno di istituzione delle Regioni, inizia il caos istituzionale. Dai conflitti di attribuzione sulle leggi e dai litigi sulla gestione dei tributi si arriva al federalismo gridato e pasticcione della seconda repubblica. Fioccano così fughe in avanti come il regionalismo differenziato, o “secessione dei ricchi”, accompagnate dal declino mai ben argomentato delle Province e dal costante lamento dei Comuni per compiti crescenti e risorse calanti. Oggi si “scopre” che Valle d’Itria non vuol dire solo Puglia né Bari, Taranto o Brindisi. C’è un territorio che decide di sentirsi e proporsi come una sola terra. Nessuna romanticheria, sia chiaro: il sole che tramonta sui trulli resta un patrimonio dell’umanità, ma qui ci sono in gioco i 235 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr. Del resto, il tanto citato aumento del Pil, che veleggia verso il 6 %, resterà un fatto congiunturale senza interventi strutturali. E la prima riforma è spendere bene, spendere insieme, spendere per qualcosa che resti nel tempo.


10 settembre 2021 | 14:04

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