Quando Milley, capo delle forze armate Usa, “rimosse” Trump dagli arsenali nucleari

0


Donald Trump esibiva segni di un “serio declino mentale” nei suoi ultimi giorni alla Casa Bianca, tanto da richiedere interventi top secret per limitare i suoi poteri. Fu questa la conclusione, e la conseguente decisione informale, del Capo degli stati maggiori riuniti delle forze armate americane, Mark Milley. Il generale, due giorni dopo l’assalto al Congresso del 6 gennaio da parte di militanti pro-Trump parsi istigati dal Presidente, si assunse la responsabilità di bloccare ogni concreta possibilità per Trump, ossessionato da teorie cospirative ai suoi danni, di lanciarsi in drammatiche avventure, in particolare operazioni militari compresi attacchi nucleari.

La ricostruzione di “Peril”

Le rivelazioni sono contenute nell’ultimo libro del celebre giornalista investigativo del Washington Post Bob Woodward, intitolato “Peril”, Pericolo, scritto assieme al suo collega del quotidiano americano Robert Costa. Una copia del libro, in uscita il 21 settembre, è stata ottenuta dalla rete Tv Cnn che ne ha pubblicato stralci. Milley ritenne che in quelle prime giornate di gennaio Trump rischiasse “to go rogue”, di darsi ad azioni fuorilegge e folli aggirando le salvaguardie democratiche e governative. “Non è possibile sapere quale sia la miccia” che lo fa esplodere, disse ai suoi più stretti collaboratori riferendosi a Trump, denunciando il “comportamento erratico” del Presidente.

Loading…

Una riunione segreta

Di più. Milley si convinse che in assenza di straordinarie precauzioni i militari americani non potevano riporre “fiducia” in Trump, né esser certi di poter “controllare” i suoi impulsi. Detto fatto: Milley convocò un vertice top secret al Pentagono, nel suo ufficio, l’8 gennaio per esaminare con cura e riaffermare le procedure per eventuali azioni belliche e per il ricorso agli arsenali atomici. Parlò agli alti ufficiali al comando del National Military Command Center, la war room del Dipartimento della Difesa, ordinando loro di non accettare né eseguire ordini a meno che lui stesso, Milley, fosse direttamente coinvolto come da manuale.«Non importa cosa vi dicano, tenete fede alla procedura. E io sono parte di quella procedura», affermò esplicitamente.

Il giuramento

Milley poi guardò tutti negli occhi e chiese deliberatamente un vero e proprio giuramento laico: “Avete capito?” La riposta unanime nella sala fu “Yes Sir”, sì comandante. A quel punto prescrisse a tutti di tenere ogni mossa che avvenisse nei pressi della Casa Bianca e dell’amministrazione sotto osservazione con estrema attenzione. Al direttore della Cia Gina Haspel chiese di “monitorare a 360 gradi”. Insomma una vera e propria mobilitazione silenziosa, all’insaputa della gente e del mondo, dell’intero apparato di sicurezza nazionale, non contro un nemico esterno ma contro una minaccia interna, portata dalla stessa Casa Bianca. L’obiettivo: preservare “l’ordine internazionale” e scongiurare ogni incidente.

Un ordine per il ritiro da Kabul fin dal 15 gennaio

Tra le ultime scoperte-shock di Milley sull’inaffidabilità della Casa Bianca al tramonto sul palcoscenico ci fu anche quella di un ordine già firmato da Trump per ritirare tutte le truppe Usa dall’Afghanistan fin dal 15 gennaio 2021, un memorandum redatto senza avvisare neppure il Pentagono. Il documento fu in seguito considerato nullo e sepolto. La scadenza per il ritiro rimase quella in precedenza annunciata da Trump stesso, di fine maggio, poi estesa a fine agosto da Joe Biden e ugualmente trasformatasi in un’operazione traumatica e controversa di evacuazione.



Source link

Leave A Reply