Quei bravi ragazzi, in memoria di Ray Liotta

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26 maggio 2022, a soli 67 anni muore Ray Liotta, l’attore è deceduto nel sonno e le cause della morte non sono ancora state chiarite. Una scomparsa che avrebbe fatto soffrire comunque il mondo del cinema, ma che si fa ancora più triste per le sue dinamiche inaspettate e che ha lasciato sconvolti amici e colleghi storici dell’attore americano.

Martin Scorsese: «Sono sotto shock e devastato dall’improvvisa morte di Ray Liotta. Era straordinariamente dotato, avventuroso e coraggioso come attore»

Robert De Niro: «Sono davvero triste all’idea che Ray sia venuto a mancare. Era troppo giovane»

Lorraine Bracco: «Sono totalmente devastata nel sentire della morte di Ray. Ovunque nel mondo incontro persone che mi dicono che il loro film preferito è Quei bravi ragazzi. Poi mi chiedono quale sia stata la parte migliore del lavorare al film, la mia risposta è sempre stata la stessa… Ray Liotta»

La più iconica delle sue interpretazioni è stata sicuramente quella di Henry Hill in Quei bravi ragazzi, capolavoro di Scorsese in cui al fianco di Robert De Niro e Joe Pesci, Ray Liotta ha regalato al mondo del cinema una performance stupenda di un personaggio psicologicamente complesso e sfaccettato che richiedeva non solo talento, ma anche una profondità fuori dal comune per essere portato in vita. Vale la pena dopo tanti anni rivedere Quei bravi ragazzi anche solo per gustarsi l’interpretazione di Liotta; in sua memoria diamo spazio ad un’opera raffinata impreziosita da un cast d’eccezione, anche se forse meno nota di quanto meriterebbe.

Una perla tra i gangster movie

Quei bravi ragazzi certo non è un’opera dimenticata o disprezzata; acclamato e riconosciuto come uno dei migliori del suo genere, e forse uno dei migliori film mai realizzati in generale, gode ancora oggi di un nutrito numero di fan e appassionati e può vantare una notevole quantità di premi vinti e candidature. Tuttavia il suo prestigio non è paragonabile allo spropositato successo riscosso da altre ben più popolari pellicole gangster, come Il Padrino o C’era una volta in America, e questo probabilmente per più di una ragione.

La principale differenza però tra Quei bravi ragazzi ed entrambe le opere sopracitate sta nell’impressionante e scomodo realismo nella rappresentazione dei gangster, della loro psicologia distorta, del loro mondo mendace, violento e psicopatico.

Nelle maggiori pellicole gangster il protagonista o il suo clan incarnano ideali di rispetto e onore, spesso in contrasto con l’innovazione e il coinvolgimento in politica o affari della droga, quasi a rappresentare una tutto sommato nobile visione conservatrice e difensiva; il gangster che è costretto ricorrere alla violenza perché i suoi rivali sono senza scrupoli, costretto a vivere nel crimine perché lo stato è assente e corrotto, costretto a uccidere per difendere onore e membri della sua famiglia.

Questa inquietante e infantile visione populista, che alberga tutt’oggi in chi vive una vita criminale di insicurezze in cui chiunque è un possibile nemico, è allo stesso tempo estremamente irreale ed esattamente ciò che i membri della criminalità organizzata percepiscono di sé stessi ancora oggi; è noto infatti che film come Il Padrino sono adorati tutt’oggi da mafiosi e camorristi, e gangster d’ogni genere. Questo perché tale fantasia giustifica ogni violenza e criminalità addossando la responsabilità delle proprie azioni al resto del mondo, in fondo anche un mafioso deve dormire la notte.

In Quei bravi ragazzi tutto questo filtro giustificazionista è totalmente assente: i gangster sono spietati, senza scrupoli, uomini violenti che vivono di violenza e con essa risolvono i loro problemi; uccidono chi non gli piace, si pugnalano alle spalle l’uno con l’altro al primo sospetto di tradimento, disprezzano chi non è abbastanza violento da condividere il loro stile di vita e chiunque è fuori dal gruppo è nemico o preda, indegno e denigrato. L’aggressività e la follia della vita da gangster non è inventata, ma testimoniata dal vero Henry Hill, un pentito che ha reso nota la sua storia su cui fu scritto nel 1986 da Nicholas Pileggi un romanzo, su cui a sua volta si basa l’omonimo personaggio interpretato stupendamente da Ray Liotta.

È semplice quindi capire perché la pellicola per quanto apprezzata non ha mai raggiunto il livello di popolarità altri gangster movie più famosi; i protagonisti non sono degli eroi, non sono i buoni ed è quindi più difficile per il grande pubblico empatizzare con personaggi più complessi e oscuri.

Qualcosa di speciale

Oltre a rappresentare molto più realisticamente la psicologia dei gangster, Quei bravi ragazzi poteva vantare un cast d’eccezione e una cura dei dettagli sorprendente, grazie anche al contributo di Nicholas Pileggi autore del romanzo basato sulla vicenda di Henry Hill Il delitto paga bene (il nome del film è diverso per motivi di diritti) che partecipò alla scrittura, aiutando Scorsese.

La pellicola infatti presenta una narrazione e un montaggio molto rapidi, e alterna scene spensierate a scene grevi e d’impatto per tutta la sua durata, ma sempre con leggerezza e umorismo, nonostante a schermo vengano mostrate quasi per tutta la durata episodi molto violenti e inquietanti. È come se Scorsese non volesse soffermarsi sulle conseguenze delle azioni mostrate, ma solo concentrarsi su una descrittiva e verista esposizione dei fatti, per lasciare il giudizio morale al pubblico, un giudizio spesso netto che non fallisce nel comunicare la gravità delle azioni dei personaggi, ma che appunto non si prende mai troppo spazio.

Il casting e il vero Henry Hill

Grazie anche ad un cast eccezionale, e alla profondità di tutti i personaggi, essi risultano inevitabilmente indimenticabili: Tommy, interpretazione che valse l’oscar a Joe Pesci come miglior attore non protagonista, incarna una folle, intollerante e violenza assoluta che permea tutte le azioni del personaggio, dallo sparare a chi lo insulta senza pensarci due volte al mostrare una possessiva gelosia pericolosa e malata con grande orgoglio, ovviamente molto apprezzata dalla fidanzata. Sì perché nella pellicola viene dato molto spazio al mondo femminile delle mogli dei gangster, donne trascurate e incattivite, il cui unico ruolo possibile nella vita consiste nello stare a dimora con i figli mentre i mariti son in galera o a bere con le amanti, e il cui unico svago sta nello spendere qualche soldo elemosinato dai mariti da cui sono totalmente dipendenti e sottomesse, o nel condividere pettegolezzi e vittimistiche lamentele. Fedeli complici, spaventate, sottomesse e frustrate, e ormai indottrinate e rapite totalmente dallo stile di vita dei mariti.

Il motivo per cui l’interpretazione di Ray Liotta però risulta ancora oggi così ammaliante non è solo merito della classe carismatica dell’attore, ma anche della perfezione con cui ha portato sullo schermo un personaggio così oscuro, così contraddittorio, non positivo sicuramente ma molto molto umano come Henry Hill.

Il vero gangster infatti si ritrovò a vivere la vita da criminale anche perché altre strade gli furono sbarrate di fronte: vittima fin da bambino della violenza degli insegnanti che scambiavano con molta maturità ed empatia i suoi disturbi dell’attenzione o la sua dislessia con volontà di attirare l’attenzione o di fare dispetti per il gusto di farli. Cresciuto da una famiglia povera di immigrati, di padre irlandese e madre siciliana e con numerosi fratelli, non sorprende che il piccolo Henry guardasse i ricchi e potenti gangster del quartiere con ammirazione, e che cominciò a bramare uno stile di vita di lusso a cui non era destinato viste le sue origini. Cercò più di una volta di lasciare il mondo criminale, ma venne coinvolto in un omicidio molto importante che lo costrinse per sopravvivere a rimanere gangster e a investire tutto in questa vita, finché non capì che sarebbe stato ucciso e si consegnò alle autorità.

Un personaggio quindi molto complesso, capace di atti violenti e criminosi, ma anche sfortunato e che richiedeva una profondità per cui Ray Liotta si rivelò perfetto, e che ancora oggi con la sua splendida interpretazione conferisce a quest’opera un qualcosa in più.

Insomma, era un bravo ragazzo…



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di Alessandro Amici
www.2duerighe.com
2022-06-03 15:17:51 ,

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