Rappresentanza, la grande crisi – CorrieredelMezzogiorno.it

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Mezzogiorno, 24 ottobre 2021 – 09:13

di Mario Rusciano

Nelle ultime settimane due vicende, diverse ma radicate nella medesima situazione politica della drammatica fase storica, hanno fatto scalpore. Prima l’assalto alla Cgil del 9 ottobre e in risposta la manifestazione del 16 in piazza San Giovanni. Poi, domenica scorsa, il ballottaggio nei Comuni con l’enorme astensionismo (specie nel Mezzogiorno). Le due vicende fanno riflettere sul problema decisivo della democrazia costituzionale: la crisi della rappresentanza, sia sindacale sia politica. Da differenti punti di vista ne hanno parlato Antonio Polito e Gerardo Villanacci sul Corriere della sera di luned scorso. Per Polito anacronistica l’illusione che il sindacato possa fare da surrogato di quel grande partito del lavoro stile Spd che l’Italia non ha. Villanacci vede nel graduale e drastico aumento dell’astensionismo…la diretta conseguenza della crisi politica o, per meglio dire, dei partiti politici i quali…rappresentano il fondamento del costituzionalismo liberal-democratico e lo strumento pi importante per l’esercizio della sovranit popolare.

Sull’astensionismo ritorna poi Sabino Cassese nell’editoriale del Corriere di mercoled 20. Senz’altro condivisibili le opinioni su sindacati e partiti. Tuttavia nel denunciarne la crisi va ricordato che essa – da tempo conclamata e dovuta a vari fattori – ha una causa prima: sindacati e partiti si muovono nel vuoto delle leggi d’attuazione degli artt. 39 (sindacati) e 49 (partiti) della Costituzione. Da cui dipende anche la confusione di ruoli istituzionali lamentata da Polito. Vuoto non colmato dal legislatore neppure ai primi segnali d’indebolimento dei due pilastri della nostra democrazia. Rischiando d’essere antistorici, si tentati di dire che, se ci fossero le leggi, meno grave sarebbe la crisi lamentata da Villanacci. Sulla quale per incidono anche variabili strutturali d’ogni genere – economiche e socio-antropologiche; improvvise e incontrollabili – che forse le regole non riuscirebbero comunque a fronteggiare. Ma certamente, per il futuro, apposite discipline di sistema almeno fermerebbero il progressivo logorio, coi cambiamenti epocali, di sindacati e partiti. Non pi tempo di lasciare spazio in materia alle sole prassi della cosiddetta costituzione materiale, che hanno dominato nei primi decenni del secondo dopoguerra; e poi, senza adattamenti e correzioni legislative, hanno portato al disordine attuale.


vero: inizialmente l’anomia ha garantito crescita e autonomia (organizzativa e operativa) a sindacati e partiti, corpi intermedi coessenziali alla fisiologia della democrazia costituzionale. Successivamente per l’anomia ha rivelato l’insufficienza a governare i nuovi fenomeni, determinati sia dall’aumento della complessit economico-sociale sia dal susseguirsi di crisi cicliche, dovute specialmente alla globalizzazione e alla rivoluzione tecnologica. Cui si aggiunta da un paio d’anni, e perdura, la catastrofica pandemia. Si detto pi volte che l’accavallarsi di questi fenomeni ha effetti devastanti soprattutto sul diffondersi di disoccupazione povert e disagio sociale. Fenomeni che gi dall’inizio del XXI secolo avrebbero richiesto interventi legislativi di riordino tecnico-giuridico per rendere coerenti le norme alla nuova realt politica e socioeconomica in rapida trasformazione. Invece il legislatore – condizionato sia dall’endemica instabilit dei troppi governi che si sono succeduti, sia dal sorgere di movimenti populisti e antisistema – si occupato di problemi pi o meno urgenti del quotidiano con leggi e leggine. Non ha trovato il tempo – ma in realt non ha avuto la voglia n la forza n la competenza n l’autorevolezza – di allestire gli strumenti necessari a governare l’inedita situazione e utili anche a risolvere molti di quegli stessi problemi. In pratica non ha pensato di arricchire la cassetta degli attrezzi come qualsiasi buon artigiano.

Tra i primi attrezzi indispensabili ci sono appunto, accanto alla pubblica amministrazione, la rappresentanza sindacale e la rappresentanza politica. Se la pubblica amministrazione serve a far funzionare lo Stato e gli enti pubblici, sindacati e partiti servono a incanalare il consenso e il dissenso popolare e a garantire cos il dialogo sociale e un’equilibrata dialettica democratica. Oggi come oggi appare non facile mettere ordine nel caos istituzionale e di fare in fretta riforme strutturali, senza le quali c’ il rischio di non riuscire a utilizzare i fondi del Next Generation Eu . I sindacati confederali chiedono una legge sulla rappresentanza che ne rafforzi autonomia e potere contrattuale per evitare che il disagio sociale divida ulteriormente i lavoratori e trovi pericolosi sbocchi eversivi, come s’ visto ultimamente. I partiti, decessificati (a ragione o a torto) nei primi anni ’90 del secolo scorso, ora faticano – tutti, a destra e sinistra – a mantenere una rappresentanza politica decente. Hanno pochi iscritti, una classe dirigente mediocre e non hanno risorse per organizzarsi e operare all’altezza delle domande e del malcontento di una societ frammentata e insensibile all’interesse generale. E gli ultimi risultati elettorali hanno dimostrato, oltre all’alto astensionismo, che essi hanno pure pochi elettori e devono competere con movimenti civici che fioriscono prima dell’elezione e subito dopo appassiscono, senza idee e senza mezzi. Per raddrizzare il Paese c’ troppo da fare; e il presidente Draghi sar pure un fuoriclasse, ma non abilitato a fare miracoli!

24 ottobre 2021 | 09:13

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, 2021-10-24 07:13:05
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