Sanremo 2023, Gianluca Grignani: “Beatles e Stones non sono stati massacrati per il loro aspetto, la mia musica invece è stata considerata stupida”

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Un po’ poeta maledetto, un po’ icona del rock alternativo. Ma profondo, nella musica e nella vita. È una storia di sofferenza e rinascita quella di Gianluca Grignani, in gara al Festival di Sanremo 2023 con Quando ti manca il fiato, una ballad che racconta di un’importante telefonata con il padre. In particolare, la domanda “tu verrai o no al mio funerale” dipinge un rapporto fatto di lacrime, accuse, rispetto e perdono. A commentare la canzone, è stato lo stesso artista in un’intervista al Corriere della Sera: “Ogni volta che la sento mi toglie un dubbio e me ne mette un altro, un brano che mi tocca sia come figlio che come padre”. E, proprio della telefonata con il papà, Grignani parla a cuore aperto: “Sarà stato una decina di anni fa, ora non ci vediamo da 15 anni (…). Era un periodo in cui mi si era rimarginata la ferita provocata della separazione dei miei che era avvenuta quando avevo 18 anni. Era stata una separazione non gestita, ma non fra padre e madre quanto fra padre e figlio – ha spiegato –. Lui se ne è andato in maniera poco consona: ha messo in mezzo me. Mi sono sentito solo. Non aveva fatto le scelte che sto facendo io ad esempio”.

Una consapevolezza che il cantante non ha voluto abbandonare: “Ho paura di essere simile a una persona che ha fatto errori e che non so se dovrei accusare o scusare. Allo stesso tempo mi manca la sua immagine. Quando mi incontro con l’altro suo figlio sento di avere delle radici. La differenza è che io so dire ti voglio bene e so abbracciare, i miei genitori non lo facevano”. E adesso che è padre, separato, di quattro figli, ha le idee chiare su come comportarsi: “Non vedo i miei figli non perché non lo voglia ma perché la mia responsabilità ha fatto sì che io decidessi che questa è la cosa giusta da fare. E questo fa male. Davanti ai figli avrei dovuto gridare e invece sono stato zitto”, ha continuato. Non solo la famiglia. Nella vita di Grignani c’è sempre stata anche la musica e nel 1995, la partecipazione a Sanremo tra le Nuove proposte con Destinazione paradiso, l’ha consacrato al grande pubblico: “Prima di iniziare questa carriera ero convinto che se il pubblico non mi avesse capito avrei mollato. Arrivai al Festival dopo la pubblicazione di ‘La mia storia fra le dita’ che era stata capita ma non come volevo io: ebbe inizio quell’odissea che tutti dobbiamo attraversare per essere l’Ulisse della nostra stessa vita”.

Un successo dissoltosi in un messaggio che non è riuscito a trasmettere: “Il rock non esisteva come lo vedevo io che avevo gli occhi puri pieni del messaggio del grunge e di Cobain. Tutto era falso negli anni 90, mi sentivo diverso e soffrivo: ‘La fabbrica di plastica’ fu il mio grido di vendetta”, ha sottolineato. Bello e affascinante sì, ma anche frainteso: “Beatles e Stones non erano stati massacrati per il loro aspetto, la mia musica invece è stata presa e considerata stupida”. Durante l’intervista, poi, c’è stato spazio anche per ricordare un momento complicato della sua carriera. Nel 2009, a Viggianello (Potenza), si è infatti accasciato sul palco durante un suo live: “Allora vincevo, rimanevo sempre a galla. Ma quella volta merita di essere raccontata: il giorno prima eravamo a Reggio Calabria in un hotel dove c’era una festa privata. Ci scambiarono per altri e finì male, ci arrivò un tavolo in testa. Il giorno dopo l’agenzia che mi seguiva allora mi fece salire sul palco lo stesso. Mi accasciai apposta, non potevo accettare un trattamento del genere. Poi aggiungo che non sono mai stato un santo e non lo sarò mai”. Infine, come vive i 50 anni, da poco compiuti? “Sono nato con un certo bisogno di vivere e voglio abbracciare la vita. Non mi sento un cinquantenne ma ne ho tutte le paranoie. Non sono più un ragazzino, arriva la maturità del padre ma è una biga che non so ancora guidare”.



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di Gabriele Scorsonelli
www.ilfattoquotidiano.it
2023-01-23 12:10:38 ,

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