A fine gennaio, nel suo dissertazione di insediamento da presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump ha detto: «Perseguiremo il nostro destino manifesto tra le stelle, lanciando astronauti statunitensi per piantare la bandiera a stelle e strisce sul pianeta Marte». La frase è stata accolta con scomposto entusiasmo dal miliardario Elon Musk, finanziatore di Trump e presente alla cerimonia di insediamento, ma la possibilità di raggiungere Marte in pochi anni con gli astronauti è tutt’altro che scontata. L’ostacolo più grande è legato a come si muovono i pianeti intorno al Sole.
Ammesso che si possano risolvere in tempo le numerose questioni ancora aperte intorno ai viaggi con esseri umani verso Marte, dagli effetti sull’organismo di una lunga permanenza nello Spazio interplanetario all’approvvigionamento di acqua e cibo, difficilmente Trump potrà assistere da presidente all’eventuale arrivo sul pianeta. Con gli attuali sistemi, infatti, i viaggi più brevi verso Marte con sonde e robot sono possibili ogni 26 mesi, quando il trasferimento dalla Terra a Marte ha una durata di 6-8 mesi. Negli altri periodi, i tempi si allungano notevolmente, rendendo pressoché impraticabile una missione con equipaggio verso il pianeta.
Questa grande differenza nei tempi è dovuta alla forma e alle dimensioni delle orbite che la Terra e Marte seguono nella loro incessante rotazione intorno al Sole. Quella della Terra è più breve di quella di Marte, perché il nostro pianeta è più vicino al Sole. La Terra impiega un anno per compiere un giro completo intorno alla nostra stella, mentre Marte ci mette quasi 2 anni terrestri. Entrambe le loro orbite sono ellittiche e questo contribuisce a rendere variabile la distanza tra i due pianeti.
Se potessimo tirare una linea tra la Terra e Marte, vedremmo quindi cambiare continuamente la sua lunghezza. Nel momento di massima distanza la linea diventa lunga circa 400 milioni di chilometri, mentre nel momento di minore distanza si riduce a circa 56 milioni di chilometri. Se si potesse seguire il percorso più rapido, quindi percorrendo il tragitto segnato dalla linea quando è più corta, un’astronave in viaggio a 60mila chilometri orari potrebbe raggiungere Marte in a stento 40 giorni. Sarebbe però necessaria un’enorme quantità di energia e inoltre i viaggi interplanetari non funzionano in questo modo, perché i pianeti Proseguono a muoversi mentre si è in viaggio.
Per ridurre il consumo di carburante e per centrare la meta finale, si sfruttano gli stessi movimenti orbitali dei corpi celesti a proprio vantaggio. Nel caso della Terra e di Marte, si attende che i due pianeti siano allineati e non si mira a dove si trova Marte in quel momento, ma a dove si troverà sette mesi dopo, nel suo girare intorno al Sole. Questa soluzione è più efficiente di altre dal punto di vista energetico, perché l’astronave deve accendere i motori solo il tempo necessario per aumentare la propria velocità per sfuggire alla forza di gravità esercitata dalla Terra, collocandosi su una nuova orbita intorno al Sole che intersecherà quella di Marte circa sette mesi dopo.
Arrivata nei paraggi del pianeta, l’astronave accenderà nuovamente i motori, questa volta per rallentare la propria corsa e inserirsi in orbita intorno a Marte, eseguendo infine le manovre necessarie per raggiungere il suolo marziano. Questi trasferimenti orbitali, che sono chiamati “alla Hohmann” (dal nome del loro ideatore, Walter Hohmann, che li teorizzò un secolo fa) e che rendono talvolta necessaria qualche correzione di rotta, sono stati impiegati in molte missioni spaziali e non necessariamente per quelle dirette verso Marte. Lo sviluppo di motori più efficienti, elettrici o con propulsione nucleare, potrebbe renderli meno necessari, ma a oggi sono tra i sistemi più efficienti per spostarsi tra i corpi celesti, anche se richiedono un po’ di tempo.

Trasferimento alla Hohmann, dalla Terra (il secondo pallino dopo quello giallo che rappresenta il Sole) a Marte (NASA)
Nel caso di Marte, quel tempo sono 7 mesi per la sola andata, senza contare il percorso di ritorno che a causa del variare della distanza tra Terra e Marte richiederebbe tempi ancora più lunghi perché si sarebbe ma chiusa la finestra per eseguire subito un ritorno con trasferimenti alla Hohmann. Gli astronauti dovrebbero quindi attendere quasi altri due anni prima di poter avere a disposizione di nuovo la traiettoria più efficiente per tornare sulla Terra. La missione avrebbe quindi una durata complessiva di 3 anni, salvo non si adottino soluzioni per un ritorno più veloce, che a oggi appare impraticabile vista l’enorme quantità di carburante che richiederebbe.
Per dare seguito al proprio annuncio fatto durante l’insediamento, Trump avrà a disposizione due sole opportunità di lancio: una verso la fine del 2026 e un’altra nel 2028 a poca distanza dalla fine del suo mandato. A oggi non c’è però nessun sistema di lancio pronto per raggiungere Marte. L’unico con delle potenzialità è Starship, l’enorme astronave di SpaceX, la società spaziale di Musk, che nonostante alcuni test di successo non ha mai completato un’orbita della Terra. Nel test più recente è inoltre esplosa poco dopo il lancio, per cause che SpaceX sta ancora indagando.
Musk sostiene che per il 2026 potrebbero essere pronte diverse versioni di Starship, per sperimentare lancio, viaggio e arrivo su Marte sfruttando il giusto allineamento con la Terra. Se quelle missioni si rivelassero di successo e l’astronave venisse certificata per tempo per il volo con esseri umani, Starship potrebbe essere impiegata per un primo viaggio con equipaggio nella finestra successiva alla fine del 2028. La partenza sarebbe negli ultimi mesi della presidenza Trump, mentre l’arrivo su Marte avverrebbe a metà 2029, quindi dopo l’insediamento del successore di Trump.

Un test di lancio di Starship (SpaceX)
Sarebbe la prima volta in cui l’umanità raggiunge un pianeta diverso dalla Terra, e la prima grande missione spaziale con equipaggio di rilievo dopo le missioni Apollo tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, che portarono per la prima volta astronauti statunitensi sulla Luna. Un piano marziano di questo tipo, ammesso possa essere realizzato, influirebbe fortemente sugli attuali piani spaziali degli Stati Uniti, al momento orientati a tornare sulla Luna con il programma spaziale Artemis. Starship dovrebbe essere utilizzata anche per i nuovi allunaggi, e non è chiaro come questi obiettivi si potrebbero coniugare con quelli per Marte di Trump e Musk, che sostiene la necessità per l’umanità di diventare “multiplanetaria” con una colonia permanente sul pianeta.
Oltre alla preparazione sulla Terra delle tecnologie necessarie, un viaggio verso Marte implicherebbe che un certo numero di astronaute e astronauti rimanga nello Spazio per anni, ben oltre i limiti finora sperimentati di permanenza sulla Stazione Spaziale Internazionale. Le missioni di lunga durata influiscono temporaneamente sulla salute degli astronauti e gli effetti di un viaggio così lungo non sono noti. Gli astronauti vivrebbero per anni in isolamento, con effetti psicologici difficili da prevedere, e con l’impossibilità di comunicare in tempo reale con la Terra, vista la grande distanza tra la Terra e Marte. Al loro ipotetico, e per ora improbabile arrivo sul pianeta nel 2029, Donald Trump avrebbe 83 anni e due presidenze alle spalle.