Si commuove sul finale Giorgio Saccoccia, presidente uscente dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) nel presentare il bilancio del quadriennio 2019-2023. Due ore dense che tracciano il ritratto di un settore in crescita vertiginosa a livello mondiale. L’Italia, raccontano le cifre, ha provato a tenere il passo ingrandendo la struttura dell’Agenzia, passata da 298 unità alle 496 previste per la fine dell’anno (oggi i dipendenti sono 426, 50% donne); ma molto resta da fare per mantenere l’obiettivo strategico di piazzarsi stabilmente ai vertici europei, sia in termini di investimenti (già ci siamo), che di peso specifico.
“Nel 2019 l’Agenzia aveva bisogno di risorse – spiega l’ingegnere, 30 anni all’estero tutti all’Esa (Agenzia spaziale europea, dove tornerà fra poco) -. Sono arrivate, ma resta ancora un sovraccarico importante per un consiglio di amministrazione che nel quadriennio passato ha approvato 940 delibere. Molto, forse troppo deve ancora passare attraverso l’approvazione del cda, e anche gli uffici sono sovraccarichi. Bisogna alleggerire. In questi anni abbiamo lavorato sulle semplificazioni negoziali e delle procedure interne, ma mi piacerebbe si proseguisse facendo di più, per esempio sui contratti più piccoli. L’Asi ha bisogno di non rallentare, per nessun motivo”.
Economia e diplomazia
Il perché lo aveva spiegato nei minuti precedenti: lo spazio è sempre più strategico, dal punto di vista militare a quello delle telecomunicazioni fino al contrasto al cambiamento climatico. Passando, naturalmente, per lo sviluppo economico. Ripercorrendo il proprio mandato, Saccoccia sottolinea come siano aumentate notevolmente le risorse complessive ottenute per lo spazio, arrivate in quattro anni a 10,3 miliardi di euro totali. Ma le orbite, rimarca Saccoccia, offrono anche opportunità inaspettate: come quelle legate alla diplomazia. “Molte volte ci è stato chiesto di supportare incontri con altri governi e fare da apripista per sostenere altri interessi”, ricorda. Specialmente con i Paesi che arrancano nella corsa forsennata alle stelle, il ruolo di aiuto dell’Italia produce riconoscenza, una carta da giocare su diversi fronti. Come quello nordafricano, con le ricadute sugli approvvigionamenti energetici (sono stati recentemente firmati accordi con il governo algerino, per esempio). “Li aiutiamo a crescere. Non è un caso che la nascente agenzia spaziale latinoamericana abbia citato espressamente il nostro Paese in cima alla lista dei partner, prima della Nasa e della stessa Esa”, dice Saccoccia.
Relazioni migliorate a livello transatlantico ed europeo. “Ho notato una certa debolezza al mio arrivo – si lascia scappare il dirigente -. Con la Nasa i rapporti andavano rimodellati anche sulla base di situazioni precedenti”. Guardando all’Unione, invece, se prima Francia e Germania avevano un filo diretto ed esclusivo, “oggi in quelle chiacchierate ci siamo anche noi”. Merito anche del budget che Roma destina all’Esa, aumentato. “Nelle ultime due ministeriali il budget dell’Agenzia continentale è aumentato del 70%“, e l’Italia ha più che tenuto il ritmo, “passando dal 12,6% al 18,2% del totale nonostante la crescita”. Da 1,3 miliardi oggi Roma contribuisce con oltre 3 miliardi. “Di contro, la Germania ha ridotto le capacità, mentre la Francia resta stabile e ormai le siamo a ridosso. Era necessario, non si può pensare a una crescita e a un posizionamento europei senza risorse. Del resto, eravamo ormai convinti che la nostra industria fosse pronta a salto”. Perché si tratta di denari che rientrano con gli interessi: il coefficiente di ritorno è di 1,04, dicono i dati; ma, va aggiunto guardando oltre al semplice fatto economico, spendere si traduce in know how, capitale relazionale e politico di valore inestimabile.
Presente e futuro
Saccoccia ha difeso un certo interventismo dell’Asi: “Abbiamo il diritto e dovere di dire la nostra, come raccordo tra il mondo delle istituzioni e quello delle imprese”. Un settore, quello dello spazio, concentrato per il 53% in Campania, Lazio, Lombardia e Piemonte, che conta circa ottomila addetti e trecento aziende. Molte sono piccole, con la necessità di fiducia e capitali del caso. Il sostegno alle attività di venture capital e l’azione fluidificante per la firma di accordi commerciali a livello internazionale sono stati capisaldi del quadriennio che va a concludersi, così come il supporto alla ricerca e all’alta formazione.
Tanto hanno significato gli oltre due miliardi incardinati nel Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Dal 2019, la maggior parte delle risorse sono state assegnate all’osservazione della Terra, “il settore di maggior impatto per i cittadini”, ma ci sono anche l’esplorazione robotica e umana e il trasporto spaziale (i fondamentali lanciatori). Molto è stato fatto sui nanosatelliti e sul “ripristino della capacità di effettuare missioni nazionali”. Forte anche la spinta al programma Artemis di ritorno sulla Luna, “di cui siamo stati tra i primi firmatari. La Nasa ci ha definito il primo partner sugli habitat pressurizzati, e gli americani non sono certo prodighi di complimenti”.
E per quanto riguarda il futuro? Secondo Saccoccia, il cui successore non è stato ancora individuato, in testa c’è l’in-orbit servicing, cioè gli interventi dopo il lancio per riparare e ispezionare. “Una scelta strategica, questa, per fare sì che l’Italia si posizioni come leader continentale nel settore, creando servizi che avranno enorme ritorno commerciale e di crescita economica”.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2023-04-28 04:40:00 ,