Startup, apertura dai notai: Italia rischia di creare un monopolio

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di Claudia Morelli

Il Senato e Confindustria bocciano la scelta del governo di affidare in esclusiva ai notai la costituzione online delle startup

Pagamenti digitali (Lego, Getty Images)
Pagamenti digitali (Lego, Getty Images)

Un monopolio legale di fatto”. Una norma in “controtendenza rispetto ai principi di semplificazione e digitalizzazione consolidatisi nell’ambito della costituzione delle startup innovative”. A sferrare le prime bordate parlamentari allo schema di decreto legislativo del governo sulle società (che recepisce la direttiva Ue 2019/1151), per la parte relativa alla restituzione ai notai della esclusiva della costituzione online delle startup, sono la Commissione politiche europee del Senato e Confindustria.

La prima nel parere reso giovedì scorso al governo sullo schema di decreto e la seconda inviando un articolato documento al parlamentare del Movimento 5 Stelle Luca Carabetta, segnalando in particolare due norme “anomale”: quella sulla costituzione online delle società e quella sulle cause di ineleggibilità e decadenza degli amministratori di srl. Le commissione della Camera si esprimeranno questa settimana.

La battaglia per l’innovazione e  le startup

Ci sono vicende politico-parlamentari che, malgrado l’apparenza burocratico-documentale, evidenziano una battaglia serrata in corso che diventa racconto di uno scontro tra passato e futuro. E ci sono decisioni politiche che, malgrado riguardino settori di nicchia (come è quello delle startup italiane), diventano la cartina di tornasole per capire se, “tra il dire e il fare” del sistema Paese, la trasformazione digitale contribuisca in concreto alla evoluzione di alcuni settori non tanto sotto il profilo delle capacità tecnologiche, ma sotto quello di un cambio di mind set (come si dice). Perché il digitale trasforma (dovrebbe) anche il pensiero.

È il caso della battaglia della costituzione on line delle startup, tra i fautori di una soluzione non solo digitale ma anche “liberalizzata” e poco onerosa (ove non vi sia necessità di atto pubblico e nei casi in cui non sia previsto un controllo preventivo amministrativo o giudiziario) e i fautori del ripristino della esclusiva pertinenza dei notai, con la sponda del ministero dello Sviluppo economico (Mise) guidato da Giancarlo Giorgetti.

Dal mondo delle start up si guarda a tutto questo con apprensione, per un fatto di sostenibilità di business che, soprattutto in fase early stage hanno bisogno di tutta la liquidità possibile, senza drenarla nelle tasche altrui. Angelo Coletta, presidente di InnoVup, la scorsa settimana è intervenuto nuovamente per dire che “non bastano proclami e belle parole, all’innovazione italiana serve sostegno concreto. Le mezze misure non solo non servono a niente, ma sono controproducenti, come i retromarcia che abbiamo visto con Enea Tech e la costituzione online delle startup“.

Il contestato ritorno del notaio

Il governo ha predisposto uno schema di decreto delegato che, cogliendo l’occasione del recepimento della direttiva “società”, ha “aggiustato il tiro” ripristinando il vecchio sistema, pur se online. Ha tirato dunque una riga sopra il sistema camerale di costituzione online semplificato (e meno costoso) sulla base della predisposizione e messa a disposizione di modelli di Statuto precompilati, ma ha affidato tutto al Consiglio nazionale del notariato (Cnn).

Per costituire la startup si va dal notaio. Punto. E anche se la costituzione potrà avvenire online, il notaio incaricato potrà essere il professionista che risiede nel luogo (fisico) dove avrà sede la startup. Già tre settimane fa Wired ha avanzato alcune domande al Cnn per sapere se il progetto della piattaforma è già in itinere, quali garanzie di sicurezza saranno previsti, i tempi e i costi per la piena operatività. Ma non vi è stata risposta.

Il parere al governo pone proprio come condizione che la costituzione online delle società relativa, sia alle società a responsabilità limitata, sia alle società a responsabilità limitata semplificate, con sede in Italia, con capitale versato mediante conferimenti in danaro, possa essere effettuata secondo una delle modalità, già oggi praticate negli Stati membri dell’Unione europea.

Primo: atto pubblico notarile, anche informatico nonché telematico, formato mediante l’utilizzo di una piattaforma che consenta la videoconferenza e la sottoscrizione da remoto dell’atto con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata.

Secondo: procedure telematiche che, previa identificazione elettronica del richiedente mediante uno degli strumenti di cui all’articolo 64, comma 2-quater, del decreto legislativo 7 marzo 2005, numero 82, ovvero altro mezzo di identificazione elettronica di cui all’articolo 6 del regolamento Ue 910/2014, consentano l’utilizzo di modelli standard predefiniti e validati dal Mise e dal ministero della Giustizia, in conformità della stessa direttiva Ue 2019/1151, da sottoscrivere con firma digitale, o altro tipo di firma elettronica qualificata.

Le barricate di Confindustria

La scelta del governo di affidare la costituzione online delle società (a responsabilità limitata e a responsabilità limitata semplificata, ndr) esclusivamente a una piattaforma telematica gestita dal Consiglio nazionale del notariato,  e non anche mediante il ricorso alla piattaforma gestita dal sistema camerale, oltre a destare perplessità tra gli operatori economici per i relativi costi aggiuntivi, non trova una giustificazione nel diritto della Unione europea”, specifica la direttrice di Confindustria Francesca Mariotti.

All’assemblea di Confindustria il presidente Carlo Bonomi ha richiamiamo l’attenzione del governo sul fatto che, “in tema di transizione digitale, numerosi ordini professionali, casse di previdenza e società pubbliche controllate in-house stiano usando proprie risorse, a ben altro destinate, per realizzare piattaforme digitali esclusive in chiara violazione della concorrenza, mentre l’offerta di servizi digitali da parte delle imprese private di settore offre una vastissima gamma di soluzioni già testate e disponibili sul mercato”. Il punto qui non è sposare ideologicamente una posizione o un’altra, perché la ragione non sta mai da una parte sola. Si tratta piuttosto di sfoderare un senso vero di apertura alla innovazione per il bene del sistema Paese. Non della lobby più forte.





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www.wired.it
2021-09-27 08:00:01

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