Una spinta decisiva all’industria italiana del venture capital e del crowdfunding può arrivare dal governo: per startup e pmi potrebbe presto diventare più semplice vendere le proprie azioni. A metà aprile l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ha approvato un disegno di legge per favorire l’accesso al mercato dei capitali per le piccole e medie imprese. Un testo che punta ad accelerare la quotazione in borsa delle aziende italiane, taglia gli adempimenti burocratici e allarga le maglie del voto plurimo per le società (per lo più familiari) che intendono aprire il proprio azionariato a fondi e investitori. Ma oltre alle misure più eclatanti, la versione del testo approvata in Consiglio dei ministri (che circola ancora in bozze) contiene un tecnicismo che per le imprese dell’innovazione è “un game changer”: è l’articolo tre che prevede la “dematerializzazione” delle azioni delle piccole e medie imprese.
Poche righe che, per quanto riguarda il possesso delle quote, di fatto equiparano le società a responsabilità limitata (srl) alle società per azioni (spa). Oggi, e fino a quando il disegno di legge non sarà approvato dal Parlamento, chi possiede azioni di una srl ha l’obbligo di depositare l’atto di acquisto al registro delle imprese, con tanto di autentica di un notaio o di un commercialista che deve certificare il passaggio delle azioni in cambio di una parcella che può arrivare a mille euro per operazione. Quando la “dematerializzazione” sarà diventata legge, le quote di una srl potranno invece “esistere in forma scritturale”, consentendo alle emittenti di avere un codice Isin, come quello delle società quotate in borsa, che permetterà agli azionisti di scambiare titoli con più facilità.
Il ruolo dei private banker per startup e pmi
Per startup e piccole e medie imprese innovative significa innanzitutto poter attrarre più facilmente i risparmiatori privati, fino a oggi troppo distanti dall’ecosistema tecnologico. “Il 60% del risparmio italiano è nelle mani di consulenti finanziari e private banker che gestiscono la liquidità e il conto titoli all’interno di un percorso tutto bancario”, sottolinea Antonella Grassigli, inventrice e ad di Doorway, società bolognese di venture capital. “Con la dematerializzazione delle quote le società emittenti avranno il loro codice Isin che consentirà ai consulenti di registrare gli investimenti sul conto titoli. Potendo vendere le quote possedute in qualsiasi momento e senza l’intermediazione del notaio – sintetizza Grassigli – si favorisce la liquidità di un asset class che per troppo tempo è rimasto fuori dall’ambito patrimoniale dei private banker. Si crea un matching perfetto tra chi gestisce i risparmi e l’economia reale, rappresentata dalle tante srl sul territorio”.
Secondo gli ultimi dati di Bankitalia, gli italiani hanno risparmi in contanti per oltre 1.200 miliardi di euro (dati settembre 2022) e se solo una piccola parte finisse alle srl dell’innovazione, anche attraverso i piani individuali di risparmio (Pir), ci sarebbe una significativa iniezione di denaro per un settore affamato di capitali per finanziare ricerca scientifica e piani di sviluppo.
L’evoluzione della finanza alternativa
L’accelerazione che vuole imprimere il disegno di legge è un cambio “rivoluzionario”, sottolinea Tommaso Baldissera Pacchetti, ad e ideatore di Crowdfundme. “Si tratta di un passaggio significativo che permetterà anche un’ulteriore evoluzione a tutto il settore della finanza alternativa. I benefici – spiega – riguarderanno l’economia reale, perché le startup e le piccole e medie imprese avranno nuove opportunità di crescita con maggiore liquidità sul mercato”, che sarà attratto dalla maggiore interoperabilità tra operatori finanziari. Con la dematerializzazione delle quote, evidenzia, “si liberano le piccole società da vincoli burocratici che appesantiscono la compravendita delle azioni”.
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di Michele Chicco www.wired.it 2023-04-28 04:50:00 ,