Perché Parigi? “L’ecosistema della capitale francese, con una rete di oltre 400 tra incubatori, innovation labs e spazi di coworking, è da tempo un punto di riferimento per le startup internazionali, organizzato in numerosi cluster che vanno dalla cosmetica, all’high-tech, dalla medicina all’aerospazio, dalla trasformazione digitale alle smart cities – afferma Luigi Ferrelli, direttore della sede parigina dell’Italian trade agency (Ice), agenzia governativa per la promozione dell’industria nazionale -. In questo contesto, Ice Parigi ha attivato uno specifico desk dedicato all’innovazione, per favorire l’internazionalizzazione delle startup italiane, aumentandone la visibilità e l’attrattività presso operatori francesi, oltre a fornire supporto ad iniziative importanti come Smau Italia RestartsUp.”
La politica ha provato a spianare la strada. “La cooperazione tecnologica tra Italia e Francia – spiega l’ambasciatrice Emanuela D’Alessandro – è stata sugellata dal Trattato del Quirinale, siglato a novembre 2021 ed entrato in vigore pochi mesi fa. C’è una sezione dedicata specificamente alla collaborazione in politica industriale, che si concentrerà su intelligenza artificiale, 5G, 6G, tecnologie quantistiche, industria culturale e creativa” afferma D’Alessandro.
Le affinità tra i due paesi non mancano. “Il mercato, per esempio, si è dimostrato più simile di quanto ci aspettassimo – riprende Sorgato -. Ma anche i modelli organizzativi, la scala delle aziende, sono paragonabili: per fare un esempio, in Germania le società sono mediamente molto più grandi”. Marwan Elfitess, a capo dell’innovazione di Station F, è ottimista sulle prospettive dell’Italia: “Regno Unito e Germania stanno facendo bene nell’ambito dell’innovazione, ma voi italiani state arrivando – dice a Wired -. Pensiamo al fintech e ai due unicorni dello scorso anno, Satispay e ScalaPay. L’Italia ha lo stesso potenziale della Francia: se riesce a mettere in piedi l’ecosistema giusto e a rendere disponibili i capitali, crescerà in maniera esponenziale”.
Le differenze
Sono 21mila le startup in Francia con 650mila impiegati, 577 investitori venture capital e circa 5.500 investitori corporate. Dal punto di vista delle città, Parigi rappresenta il più grande ecosistema del paese con un valore economico pari a 89 millardi di dollari; seguono Lille (7 miliardi), Lione (5,5) e Marsiglia (2,7). Proprio queste cifre segnano la differenza con l’Italia. “In Francia è tutto molto centralizzato. L’85% circa del fundraising è concentrato nella zona della capitale – riprende Elfitess -. In Italia c’è più diversità: non c’è solo Milano, ma anche Torino e altre realtà”. Sorgato conferma: “Da noi non si registra questo tipo di concentrazione. Se il lato positivo che ne deriva è che molti territori possono ritagliarsi un ruolo e una specializzazione propri, il rovescio della medaglia è che quando si esce dai confini si tende a presentarsi in maniera autonoma. Ed è un errore: non si può andare alle grandi fiere internazionali con microstan”. Si rischia di non essere visti. Per competere, afferma la manager, “serve più potenza di fuoco”. E qualche accorgimento di marketing. “Niente campanilismi: oltreconfine conoscono più che altro il brand Italia. Presentarsi a nome di una singola regione non paga”.
Riguardo alle tendenze per il futuro, la chiosa è di Elfitess, seduto su un osservatorio ben posizionato come quello di Station F: “Il 36% delle nuove startup che abbiamo accolto nell’acceleratore operano nel greentech, e sono convinto che vedremo presto degli unicorni nel campo. Poi c’è il quantum computing: l’Europa ha perso il treno anni fa, ma oggi tutti sono consapevoli che dobbiamo essere forti in quel settore”. Macron si è già mosso, come vi avevamo raccontato a giugno: in Francia c’è Pasqal (oltre cento milioni di funding), ma è nata anche Quandela, ormai scaleup, specializzata nella fotonica quantistica e cofondata dal brianzolo Niccolò Somaschi.
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di Antonio Piemontese www.wired.it 2023-04-11 05:00:00 ,