Stazione spaziale internazionale: se dismessa, cosa succederà?

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di Sandro Iannaccone

Tra meno di tre anni scadranno molti contratti tra la Nasa e i suoi partner internazionali per il mantenimento in orbita della Iss e da tempo si pensa al dopo: ecco le ipotesi e i piani

Stazione spaziale
(Immagine: Nasa)

La costruzione della Stazione spaziale internazionale è cominciata nel 1998, con il lancio del 20 novembre, e non è mai terminata davvero: nei suoi oltre 8mila giorni in orbita, la stazione è stata via via ampliata, modificata, riassemblata. Ha ospitato centinaia di astronauti provenienti da 19 nazioni diverse, e vi sono state condotte dozzine di esperimenti in microgravità che hanno migliorato significativamente le nostre conoscenze nei campi della biologia, dei cambiamenti climatici, della geologia e di tante altre branche della scienza, oltre che, naturalmente, dell’astronomia, dell’astrofisica e dell’esplorazione spaziale.

Purtroppo, tutte le cose belle prima o poi finiscono. E sembra che il momento di salutare per sempre la Stazione spaziale internazionale (Iss) sia sempre più vicino. Con il passare del tempo, la stazione continua lentamente a spostarsi dalla sua orbita programmata, e necessita di sempre più frequenti aggiustamenti di traiettoria: la maggior parte del carburante che arriva dalla Terra, effettivamente, viene usata a questo scopo. La stazione, inoltre, è costantemente minacciata da micro meteoriti e detriti spaziali e, stando alle leggi della probabilità, è solo questione di tempo prima che uno di questi impatti risulti fatale.

I piani degli Stati Uniti

C’è di più. Formalmente nel 2024 scadranno molti dei contratti tra la Nasa e i suoi partner internazionali per il mantenimento della stazione. A questo proposito, gli scenari che si possono aprire sono molto diversi. In una conferenza stampa dell’agosto scorso, Bill Nelson, amministratore dell’agenzia spaziale statunitense, ha dichiarato di voler estendere i contratti almeno fino al 2030. “Ci aspettiamo che la Stazione spaziale continui a essere un progetto del governo per tutto questo decennio – ha detto – e speriamo che sia affiancata, in futuro, anche da altre stazioni private.

La realtà, però, al momento è un’altra: il Congresso statunitense, infatti, non ha approvato alcuna richiesta di finanziamenti oltre il 2024, e mancano ancora le approvazioni di Canada, Russia, Europa e Giappone. Josef Aschbacher, direttore dell’Agenzia spaziale europea, e Walther Pelzer, direttore dell’Agenzia spaziale tedesca, si sono detti favorevoli al prolungamento della vita della Stazione spaziale internazionale.

Altri, anche in seno alla stessa Nasa, sono invece di tutt’altro orientamento. Phil McAlister, per esempio, direttore dello sviluppo dei voli commerciali per l’agenzia statunitense, ha per esempio dichiarato di essere convinto che questo sia “il momento giusto per iniziare a distaccarci dalla Stazione spaziale internazionale, che ormai rappresenta il monopolio dello stato sulle missioni spaziali, e guardare di più al settore privato: per la Nasa è tempo di concentrarsi su altri obiettivi, come l’esplorazione dello Spazio profondo, il ritorno sulla Luna e l’esplorazione umana di Marte, e di lasciare agli imprenditori privati l’appalto dell’orbita terrestre”.

Assist ai privati

Effettivamente, negli ultimi anni, la Nasa ha fatto molto per aumentare l’interesse dei privati nei confronti della Stazione spaziale. Nel 2019, per esempio, l’agenzia ha cercato di piazzare la Iss sul Nasdaq e l’amministrazione dell’allora presidente statunitense Donald Trump ha ventilato la possibilità di subappaltare la gestione della stazione a un operatore privato.

La logica dietro queste operazioni è semplice: nei piani dell’agenzia spaziale statunitense c’è il desiderio esplicito di costruire una base sulla Luna e di portare degli astronauti su Marte, obiettivo non facile se un quinto del proprio budget deve essere destinato a mantenere attiva la Stazione spaziale internazionale.

Qualcosa in questa direzione si sta muovendo da tempo: il progetto più ambizioso della Nasa prevede infatti la costruzione e il lancio del Lunar Gateway, una nuova stazione spaziale che però dovrebbe orbitare attorno alla Luna. È progettata insieme a Roscosmos, Esa e Jaxa e, nelle intenzioni dei costruttori, sarà usata come punto d’appoggio per le missioni verso la Luna e verso Marte. Il lancio del primo modulo, del peso di 50 tonnellate, è previsto per il 2024; a breve dovrebbero seguire gli altri componenti principali, tra cui un braccio robotico, l’habitat per l’equipaggio e l’airlock.

Axiom in pole position

Tornando più in basso, sull’orbita terrestre, uno dei partner privati più papabili è Axiom Space, azienda nata con l’obiettivo di portare in orbita la prima stazione spaziale interamente privata. All’inizio del 2020 la Nasa ha consentito ad Axiom di far attraccare uno dei suoi moduli alla Stazione spaziale internazionale. I piani dell’azienda prevedono di lanciarlo entro il 2024 e poi di continuare la costruzione direttamente nello spazio.

Oltre a un modulo per l’alloggio dell’equipaggio, Axiom intende inviarne in orbita almeno altri due, un laboratorio/officina e un osservatorio panoramico simile alla cupola della Iss. L’azienda ha in mente di lasciare questi tre moduli attraccati alla Stazione spaziale internazionale finché questa non sarà dismessa (cosa che, secondo Michael Suffredini, coinventore e amministratore delegato di Axiom, avverrà non più tardi del 2028). Quando la Nasa deciderà di staccare la spina, i moduli di Axiom si separeranno dalla Iss e diventeranno de facto la prima stazione spaziale privata mai mandata in orbita.

Il design della stazione di Axiom, visto dall’esterno, è molto simile a quello della Stazione spaziale internazionale. I moduli sono cilindrici, misurano circa 15 metri di diametro e sono connessi alla stazione come se fossero enormi Lego. Saranno costruiti, pare da Thales Alenia Space, azienda europea che ha realizzato molti dei moduli della Stazione spaziale internazionale. C’è dell’altro: Axiom, infatti, starebbe valutando anche la possibilità di usare moduli gonfiabili simili a TransHab, un concept sviluppato dalla Nasa negli anni Novanta ma mai realizzati a causa della mancata approvazione del progetto da parte del Congresso.

Turismo spaziale

Chi userà la stazione spaziale di Axiom, se dovesse realmente essere costruita? Nel mirino di Suffredini ci sono anzitutto i turisti spaziali, per i quali si pensa a soluzioni di ospitalità meno austere (e probabilmente più costose) rispetto a quelle offerte dalla Iss, ma anche le altre agenzie spaziali governative e private, che potrebbero fare “base” sulla stazione Axiom per condurre test ed esperimenti e lanciare nuove missioni. Sembra definitivamente naufragato, invece, il progetto B330, l’idea di un habitat spaziale gonfiabile (il numero 330 si riferisce ai metri cubi di spazio disponibile) progettato da Bigelow Aerospace. Nel 2016 ne è stato lanciato un modulo di prova, che è rimasto attraccato alla Iss per circa due anni, ma l’idea vera e propria non è mai decollata (sic).

Oltre a pensare ai successori della Iss, naturalmente, si pone anche il problema del suo “smaltimento”. Non è pensabile abbandonare la stazione al suo destino, dal momento che una discesa non controllata nell’atmosfera terrestre sarebbe troppo rischiosa e potrebbe comportare degli incidenti al suolo. L’opzione più percorribile, al momento, sembra quella di una discesa controllata lungo una traiettoria che termina nel Pacifico del sud, una delle regioni meno popolate del pianeta. Staremo a vedere.





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www.wired.it
2021-09-13 05:00:55

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