Strappare lungo i bordi e l’insostenibile leggerezza dell’essere

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La nuova serie di Zerocalcare sintetizza bene un sentimento comune a tanti rimanendo allo stesso tempo molto intima, senza risparmiarci occhi lucidi e il classico nodo alla gola, soprattutto sul finale.

Fonte: Sky

La serie

Strappare lungo i bordi è una serie di animazione, scritta e diretta da Michele Rech; prodotta da Netflix, è disponibile sulla piattaforma dal 17 novembre. I protagonisti già li avevamo incontrai in La profezia dell’armadillo, film del 2018 tratto dal fumetto del 2011: Zero, Secco, Sarah e l’Armadillo, la cui voce è prestata da Valerio Mastandrea. Il racconto è ripreso dai due lavori di cui sopra – questa forse l’unica pecca della serie – e ruota attorno a un viaggio che Zerocalcare e i suoi due amici di sempre devono affrontare, una narrazione tempestata di flashback e aneddoti– dagli anni delle scuole medie al presente – che raccontano la vita dell’autore con ironia e sarcasmo. Durante tutto il tragitto l’immancabile Armadillo, che rappresenta la sua coscienza, cerca di ricordargli il motivo per cui i tre si stanno dirigendo in treno verso Biella. Qui ad attenderli una coppia di anziani coniugi che li ospitano a abitazione loro fino al giorno successivo, quando si svolgerà la commemorazione per la morte di Alice, l’amica dei tre che si è inspiegabilmente tolta la vita. Così, in viaggio verso il finale, ognuno dei sei episodi (di soli 15-20 minuti) è un pezzetto del puzzle conclusivo che mette insieme il mondo di Zerocalcare, le sue preoccupazioni e le ansie insuperabili di un’intera generazione. Diversi sono i temi affrontati nella serie: la ricerca di qualcosa che forse neanche esiste ma che è solo imposto dalla società, il senso di inadeguatezza ed incompletezza nei confronti di una vita che sembrava così semplice da seguire ma davanti alla quale «non siamo altro che fili d’erba in un vasto prato», insomma l’insostenibile leggerezza dell’essere, direbbe qualcuno.

Fonte: TeleNauta

Schivare la vita

L’autore parla di sé ma anche di ognuno di noi, dei tipici millennial costantemente alla ricerca di un posto nel mondo, di una ragione per tentare ancora in una società che sembra giudicare senza comprendere. Che succede, in fondo, se non si segue la linea tratteggiata alla quale ognuno di noi è destinato? Zero ci ricorda che va bene se a volte strappiamo il foglio fuori dai bordi, se la vita non va come avevamo preventivato, che si vive anche con le linee irregolari, perché alla fine tutto evolve, passa e anche quel senso di inadeguatezza e la costante ricerca di una felicità che forse neanche ci rappresenta, non è così importante. «Sei cintura nera di come si schiva la vita» dice l’Armadillo a Zerocalcare in un episodio della serie, ma che significa schivare la vita? Non prendere al volo certe occasioni e poi rimpiangerle per sempre, sentirsi fragili e smarriti in un mare di persone che corre velocissimo senza neanche una meta, ma dov’è che corriamo tutti? Cos’è che perdiamo se rallentiamo e ci godiamo la strada? Il disagio del protagonista si trasforma spesso in ansia, mania, paranoia che si evolvono in flussi di coscienza sotto forma di monologhi pessimisti e catastrofisti; è la situazione di molti di noi, i trentenni di oggi che vivono spesso crisi identitarie, senza un lavoro stabile, a volte infelici ma che poi, tutto sommato, un sorriso riescono a concederselo pensando che siamo in tanti su questa barca e ogni giorno navighiamo tra smarrimento e disordine, cercando di non imbarcare acqua e di remare con forza verso una meta che pare sempre più lontana. E allora remiamo ancora, che forse in questo oceano immenso è proprio la nostra irrilevanza a salvarci e a insegnarci ad affrontare la vita, una volta per tutte, con leggerezza.



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di Francesca Caputo
www.2duerighe.com
2021-11-22 15:02:56 ,

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