Ted Lasso: perché non potete vivere senza

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di Lorenza Negri

Non scherziamo quando affermiamo che Oh Young-soo  ha scippato il Golden Globe a Brett Goldstein (Roy Kent): nella seconda stagione il “fine fury fella” che si esprime a grugniti, evolve in un personaggio maturo, completo, l’ex campione che affronta le incertezze e i timori del viale al tramonto. La statuaria Hannah Waddingham è un altro personaggio seminale che si presta a una disamina del cuore femminile di una neo-divorziata annientata dai traumi di un matrimonio spersonalizzante. E ancora, la psicologa che non sa aprirsi agli altri, i calciatori stranieri che lottano contro la nostalgia di abitazione, l’ex modella che si reinventa PR, il trio di fan criticoni del Richmond: ogni personaggio di colpisce al cuore lo spettatore, screditando il luogo comune che il genere comedy non possa raggiungere la profondità e lo spessore delle produzioni drammatiche. 

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Nella seconda stagione, Ted si fa messaggero di una verità difficile da digerire: i demoni interiori non si possono tenere a bada con la gentilezza, la bontà e i biscotti. Definire lo show una comedy a questo punto diventa riduttivo: gli autori si prendono un rischio considerevole adottando un registro a tratti drammatico, scoprendo l’animo ferito di un uomo gioviale che, soffocando il dolore troppo a lungo, finisce per esplodere con attacchi di panico paralizzanti. Quello della salute mentale è ancora un argomento stigmatizzato sul piccolo schermo, eppure qui nessuno si tira indietro. Ted Lasso è anche una serie che commuove tantissimo, senza essere strappalacrime o lagnosa. Promuove la compassione, l’umiltà e l’altruismo senza essere ipocrita, ridicola o sdolcinata, in un’era che considera questi debolezze e difetti; affermando che oggi, sono questi – e non il cinismo e il pessimismo di cui ci fregiamo – le vere manifestazioni di forza.

* (nb: lo show è apprezzabile anche se non capite un tubo di calcio)



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www.wired.it
2022-01-10 15:30:00

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