Il suo timore di affezionarsi a qualcuno che le restituisca sentimenti ed emozioni è la prova stessa che Dong-eun può ancora salvare se stessa da un destino di distruzione e autodistruzione. Dong-eun non è in cerca di redenzione – crede fermamente che se nessuno fermerà i villain, questi continueranno a fare ad altri ciò che è stato fatto a lei – e ciò rende il suo personaggio grandemente suggestivo nella sua irremovibile purezza d’intenti. La Kim si finge una voce silenziosa che lascia allo spettatore giudicare Dong-eun, schierarsi con lei o biasimarne la mancanza di indulgenza, ma in realtà prende sommessamente una posizione gloriosamente immorale tramite alcuni espedienti che manipolano lo spettatore. L’autrice, come accennato, ha scelto un’attrice bellissima, altera, elegante, che nonostante i dieci anni in più degli interpreti dei bulli sembra una dea. Per interpretare Park Yeon-Jin ha selezionato Lim Ji-Yeon (lanciata dai film erotici Obsessed e The Treacherous), poco più che trentenne ma deformata dalla chirurgia plastica. Si può dire altrettanto degli altri interpreti del bulli, alcuni già noti per ruoli da villain in serie e film (Kim Gun-Woo era il detestabile antagonista di Fight For My Way).
Non diremo quale direzione la serie divisa in due tranche – la seconda parte è prevista per marzo – prenderà, se Dong-eun verrà punita per la sua sete di vendetta, se riuscirà a compierla o se cederà alla tentazione di concedersi la felicità di una vita normale, ma il sesto episodio brutale e durissimo incentrato sulle riprese ravvicinate del corpo nudo martoriato di Dong-eun termina con un nuovo alleato che la implora “Dimmi chi vuoi che uccida per te”. Può l’odio unire più dell’amore?
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di Lorenza Negri www.wired.it 2022-12-30 15:00:00 ,