di Lorenza Negri
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George Clooney torna alla regia con The Tender Bar, romanzo di formazione di un giovane aspirante scrittore presentato al 65° Bfi London Film festival e reperibile dal 7 gennaio su Amazon Prime Video. Adattamento di Il bar delle grandi aspirazioni, autobiografia del giornalista Jr Moehringer, scrittore specializzato in biografie di persone famose (Phil Knight, André Agassi, e prossimamente il Principe Harry) che per questo titolo ha vinto il Pulitzer, è prodotto da Grant Heslov, Ben Affleck e George Clooney, lo stesso team di Argo. Clooney, che nel 2002 ha diretto il cupo Confessioni di una mente pericolosa, questa volta sceglie una storia nostalgica, familiare, di quelle che scaldano il cuore. Jr è un ragazzino di Long Island cresciuto da una madre single e da uno zio saggio e paterno che sostituisce – alla grande – il vero genitore del protagonista, figura assente e nociva.
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Lo zio Charlie è proprietario di un bar, il Dickens, pieno di libri, di fumo e di avventori inamovibili, una sorta di ameno asilo presso il quale Jr si rifugia e si lascia educare con affetto e ironia. Jr ha un padre tremendo ma tanti familiari affettuosi: l’atmosfera della abitazione del nonno e della miriade di cuginetti e parenti che si stringono intorno alla tavola è quella di un eterno pranzo del Ringraziamento. The Tender Bar si divide in due parti, quella che offre un estratto dell’infanzia di Jr e una che lo segue a Yale, dove si imbatte in Sidney, fanciulla bella, ambiziosa, ricca e intelligente che lo prende e lascia a piacimento. Jr vuole fare lo scrittore, ama Dylan Thomas e William Shakespeare. Il suo romanzo di formazione, ambientato tra gli anni ‘70 e ’80 è simile a molti, moltissimi di altri scrittori portati sul grande schermo di sapore autobiografico.
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Clooney adotta gli stilemi della regia tipica di quel periodo e confeziona una storia che coccola lo spettatore, mettendolo in salvo da scossoni emotivi, ansie sobbalzi e momenti di tensione. È il film per chi è stufo dei blockbuster roboanti, dei sentimentalismi estremi, delle storie tragiche e vuole semplicemente infilarsi sotto il plaid con la tisana e il gatto e godersi un film rilassante, di quelli che lasciano una piacevole sensazione di tepore nell’anima. Di eccezionale The Tender Bar ha “solo” il cast: noi lo guarderemmo solo per Christopher Lloyd nella parte del nonno brontolone e flatulento, ma la pellicola gode della presenza di una brava Lily Rabe nei panni della madre di Jr e di uno stuolo pittoresco e simpatico di avventori del Dickens con l’accento da italo-newyorkese da film di Scorsese. Sopra tutti, brilla la stella di un Ben Affleck magnifico. Il suo zio Charlie è un’ineccepibile figura paterna, premuroso, ironico, un uomo placato più che pacato, un mentore che dispensa insegnamenti fondamentali (“Non ti venisse mai in mente di menare una donna, neanche se ti corre dietro con un paio di forbici“) per qualsiasi maschio bianco cresciuto negli anni ’80. La sua interpretazione è l’unica cosa memorabile del film, di quelle che meritano tanti riconoscimenti: di certo, accanto a quell’Oscar per la sceneggiatura (per Will Hunting – Genio ribelle) e a quello per miglior film (per Argo) ci starebbe benissimo uno come attore (anche non protagonista va bene).
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Se si fa parte di quella parte di pubblico in cerca di comfort movie piacevoli e senza pretese, The Tender Bar è un film perfetto; per gli altri, per chi sinceramente non sente il bisogno di sprecare due ore dietro a un’altra banale autobiografia dello scrittore egoriferito e flemmaticamente autocelebrativo e a una regia che non offre nulla – ma davvero nulla – di memorabile, è uno spreco di tempo che ci si può risparmiare. The Tender Bar è un film carino, sta a voi decidere se “carino” è un pregio o un’offesa tremenda.
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www.wired.it
2022-01-07 14:00:00