Alla fine anche Cassa depositi e prestiti (Cdp) si fa avanti per la rete di Tim. Il consiglio d’amministrazione della cassaforte del risparmio postale ha presentato un’offerta insieme al fondo australiano Macquarie per rilevare il 100% di Netco, il gruppo in cui confluirà la dorsale in fibra di Tim, la rete dati e Sparkle, il gruppo che gestisce le reti a livello globale. Sul piatto ci sono circa 18 miliardi, due in meno di quelli offerti dal fondo statunitense Kkr, ma le condizioni sarebbero considerate migliorative: circa 2-2,5 miliardi in liquidità e senza la richiesta di riassorbire gli esuberi in Servco, la nuova compagnia in cui confluirebbero i servizi di Tim.
L’offerta di Cdp, licenziata domenica 5 novembre da un cda sotto la presidenza di Giovanni Gorno Tempini, dura fino al 31 marzo, e Tim intende esaminarla nella riunione già programmata per il 15 marzo o in un’altra data da definire. Cdp ha il placet del governo, suo azionista tramite il ministero delle Finanze (Mef), ed è vista di buon occhio perché manterrebbe il controllo della rete sotto un attore vicino ai desiderata di Roma, dato che si tratta di una infrastruttura critica. Tuttavia siccome sia Cdp sia Macquaire sono azionisti di Open Fiber, l’altro attore voluto per cablare in fibra l’Italia. Se l’offerta ricevesse il semaforo verde del cda di Tim, servirebbe poi l’ok delle autorità di regolamentazione dei mercati in Europa.
Al governo piace più la soluzione Cdp, perché è il viatico per la tanto ambita rete unica nazionale, affidata a un attore vicino all’esecutivo. Tanto che l’offerta di Kkr arrivata a inizio febbraio ha sparigliato le carte. L’ultimo progetto di rete unica risale al 2018. Il primo protocollo preliminare viene firmato nel 2020 e prevede una quota di maggioranza per Tim. L’ipotesi sfuma a causa di problemi di valutazione, normativi e politici. Nel maggio 2022 viene dunque firmato un secondo accordo non vincolante, che conferisce il controllo a Cassa depositi e prestiti (Cdp). In Tim ci sono però mal di pancia da parte dell’azionista principale, la francese Vivendi, che avrà voce in capitolo anche se non esprime più nomi nel bord. Proprio con il braccio finanziario del governo, il colosso delle telecomunicazioni aveva infatti tenuto colloqui in vista di un accordo alternativo che prevederebbe una fusione della rete con Open Fiber. Cdp controlla infatti quest’ultima e possiede circa il 10% di Tim.
Tim ha un pesante debito, di circa 20 miliardi, che proprio la vendita della rete dovrebbe alleviare, e dopo l’annuncio dell’offerta di Cdp il titolo ha guadagnato terreno in Borsa.
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di Pietro Deragni www.wired.it 2023-03-06 10:55:00 ,