Trieste, il roseto del parco dove Basaglia rivoluzionò i manicomi

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Trieste è una delle poche città italiane in cui, quando si arriva con il treno, si è accolti da una foresta e non da una comune periferia. Quando dai finestrini scorre via il litorale Adriatico la ferrovia si inoltra in un paesaggio surreale che ricorda l’atmosfera sospesa delle frontiere. Un confine invisibile tra l’area metropolitana e il bosco, che va ben oltre le classiche antitesi tra natura e cultura. Anche una delle più grandi aree verdi del capoluogo friulano è stata una sorta di laboratorio di sperimentazione. Il parco pubblico di San Giovanni, che oggi vi proponiamo come prima puntata di una nuova serie dedicate al verde in città, è inserito nella ex cittadella del manicomio costruita durante l’impero asburgico, poi diventata ospedale psichiatrico e teatro, dal 1971 al 1978 della rivoluzionaria riforma voluta da Franco Basaglia (che ha diretto la struttura fino alla sua chiusura) culminata nell’approvazione della legge 180.

Nel giro di meno di un secolo in questo parco di ventidue ettari si è passati dalla frenologia, lo studio del disturbo mentale basato sull’anatomia del cranio, ai primi laboratori di pittura e teatro per i pazienti che sarebbero poi diventati un modello da imitare per tutta Italia.
 

LE OASI IN CITTA’
 

Dopo anni di abbandono, l’area è stata recuperata dalla Provincia di Trieste nel 2009 e oggi ospita uno dei roseti più importi d’Europa con cinquemila esemplari di varietà spesso introvabili anche dai collezionisti più curiosi. In questo giardino contemporaneo, liberamente accessibile da tutti, i fiori non sono distribuiti secondo le geometrie classiche ma distribuite in modo diffuso in tutto il parco seguendo un percorso che riprende lo sviluppo storico della rosa moderna, una pianta totalmente ibrida, da quelle create nel passato alle piante più recenti.

Dalla cura allo svago
 

Il parco di San Giovanni è stato creato dagli Asburgo nel 1908 come sede del frenocomio civico, ma già ai tempi della sua inaugurazione i pazienti godevano di una certa libertà di circolazione, quasi ad anticipare il ruolo di avanguardia che avrebbe avuto questo luogo nella cura della malattia mentale. Di questa epoca rimangono, oltre agli edifici oggi in parte occupati dall’Università di Trieste, anche alcuni esemplari monumentali di quercia. Ma non solo.

Il manicomio era stato progettato dall’architetto Lodovico Braidotti che aveva selezionato oltre un secolo fa la rosa come la principale pianta del parco. Una metafora di rinascita vegetale che in un certo senso rimandava alle tante vite diverse degli ospiti del manicomio. Quando il parco viene recuperato nasce così il progetto del roseto diffuso. Nell’operazione sono coinvolti l’azienda sanitaria triestina, il cui direttore era lo psichiatra Franco Rotelli, la cooperativa agricola Monte San Pantaleone e Vladimir Vremec, ex direttore del verde urbano cittadino e grande esperto della famiglia delle rose a cui si deve questa selezione unica in Europa.
 

Un portale per riconoscere tutte le rose
 

Sono talmente tante le rose di San Giovanni che è facile confondersi. Ora sono state schedate una ad una dall’Università di Trieste che ha sviluppato un motore di ricerca web, che si chiama il Cercarose, dove si possono riconoscere tutte le varietà presenti nel parco e non solo. “È possibile raffinare la ricerca specificando contemporaneamente diversi parametri. – spiega Pier Luigi Nimis, docente di botanica sistematica e curatore del progetto – Ad esempio si possono selezionare tutte le rose gialle create in Francia tra le due guerre con fiori doppi oppure tutte le rose a fiori doppi da rossi ad arancioni con fragranza intensa. Una volta impostate le preferenze appare una galleria delle rose che corrispondono ai criteri scelti”. Oltre alle classiche informazioni sul nome della varietà il Google delle rose indica anche il nome dell’ibridatore, la data di creazione, il paese d’origine, la forma della corolla, il colore e la fragranza dei fiori. L’Università ha anche creato una serie di portali online per riconoscere la flora urbana di diverse città italiane, come quella di Roma, e di parchi nazionali come le Foreste casentinesi.
 

La storia delle rose a piedi
 

Nella zona più bassa del parco, che si sviluppa nel rione di San Giovanni, sono coltivate le rose antiche mentre quelle più moderne sono nella parte alta. Nella selezione di Vremec ci sono varietà quasi introvabili, spesso dovute all’opera di ibridatori italiani. Quando il giardino ha preso forma la prima partita di piante è stata donata dal Roseto Fineschi di Cavriglia in Toscana, una delle principali collezioni del genere in Italia. In omaggio all’epoca della costruzione dell’ex ospedale psichiatrico è stata messa a dimora una raccolta di rose ottenute tra il 1888 e il 1925, nel cosiddetto periodo Liberty o Art Nouveau. Sono disposte in aiuole simmetriche e parallele ai lati di un sentiero a forma di tunnel verde rivestito di varietà rampicanti che risalgono alla stessa epoca.   

Il roseto è l’appendice naturale del Bosco del Farneto o Ferdinandeo, una lingua di foresta che entra in città con una storia piuttosto interessante. Viene donata alla città dall’imperatore Ferdinando con il vincolo di preservarlo allo stato naturale. Niente case o strade così come era dal XVI secolo, quando i sovrani austriaci iniziano a curarlo. Secondo un registro del 1785 nel bosco erano presenti 32.984 querce che, leggenda vuole, proteggessero la città dall’impeto della bora assicurando anche aria pulita. L’area è stata riaperta al pubblico nei primi anni Duemila con il recupero dei percorsi e dei sentieri che attraversano il bosco.
 

Parco San Giovanni
ingressi Via Giovanni Sai, via Edoardo Weiss
All’interno del parco
Museo Nazionale dell’Antartide – sede di Trieste
Museo di Mineralogia e di Petrografia
Visite guidate da manicomio al parco
La cooperativa Collina organizza visite guidate sulle trasformazione del manicomio in parco pubblico



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