Prima di Ftx nelle criptovalute e di Nikola nei veicoli elettrici, c’è stata Theranos. Una delle più grandi truffe a scuotere Silicon Valley e Wall Street, forse la madre di tutti gli scandali contemporanei tra hi-tech e finanza, è arrivato al capitolo conclusivo. Elizabeth Holmes, inventrice e top executive della startup che nel promettere una drastica rivoluzione negli esami del sangue era volata ad una valutazione di 9 miliardi di dollari, sconterà a 11 anni e tre mesi di carcere – 135 mesi. La pena comminata dal giudice del tribunale di San Diego incaricato del caso è stata inferiore al massimo possibile e a quanto chiesto dalla procura, ma molto più pesante di quanto la difesa sperava. Il giudice ha annunciato un’ulteriore udienza per decidere su danni e risarcimenti. Holmes, che dovrebbe iniziare a scontare la pena il 27 aprile, ha annunciato intenzione di presentare appello.
Da dropout a stella hi-tech
Holmes oggi ha 38 anni e ne aveva 19 quando diede i natali alla sua azienda nella più classica delle tradizioni, abbandonando da dropout l’università di Stanford e usando altrimenti, cioè per lanciare la sua startup, i fondi della sua retta. Diventò anche una delle rare donne a sfondare nell’hi-tech americano, tuttora spesso dominato da uomini. Adesso ha ascoltato la decisione del giudice dopo esser stata trovata colpevole lo scorso gennaio, al termine di mesi di processo, di quattro reati di truffa ai danni degli investitori, perché la sua tecnologia innovativa, in realtà, non esisteva.
L’epopea di Theranos
La saga di Theranos, fallita nel 2018, è diventata un simbolo dei rischi di eccessi, manipolazioni e frodi nel mondo dell’hi-tech, con la continua caccia al prossimo genio e all’innovazione del futuro per fare fortuna affiancata da inadeguati controlli e verifiche sia da parte delle autorità che di finanzieri pur a volte sofisticati. L’inganno nella vicenda fu portato alla luce da inchieste giornalistiche del Wall Street Journal e da allora ha generato libri, film e sceneggiati televisivi.
Le analisi con una goccia
Theranos aveva raccolto ben 945 milioni da investitori e ottenuto accordi e partnership con prestigiose catene di farmacie, quali Walgreens, rivendicando il successo di un’invenzione che avrebbe consentito ampie analisi utilizzando pochissime, semplici gocce di sangue, da una puntura sul dito. In realtà la società nel migliore di casi si serviva di tradizionali tecnologie, perché la sua misteriosa innovazione non aveva mai funzionato come pubblicizzato.
Un pena esemplare?
La decisione del giudice Edward Davila, oltre ai meriti del caso, è stata complicata dal rilievo pubblico assunto dello scandalo. Dalle pressioni a inviare un messaggio di prevenzione e deterrenza di simili truffe. Holmes rischiava fino a 20 anni di carcere, con la pubblica accusa che aveva chiesto 15 anni dietro le sbarre e 800 milioni di risarcimento danni, imputando all’imprenditrice di aver anche posto a rischio la salute dei pazienti mentendo sull’efficacia della sua tecnologia. La difesa aveva invece proposto non più di 18 mesi di carcere, possibilmente solo arresti domiciliari e servizio alla collettività. A sostegno di Holmes, che si è scusata un tribunale per lo scandalo, aveva citato anche decine di lettere di sostenitori che tuttora la dipingono anzitutto come un’imprenditrice idealistica. Alla fine la pena comminata è parsa in linea con le previsioni agli osservatori: in media, stando a studi citati dal Wall Street Journal, donne incriminate di simili reati ricevono undici anni di carcere, rispetto a condanne più vicine ai 20 anni per gli uomini.