Twitch, così gli streamer salvano le lingue in via d’estinzione

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di Andrea Daniele Signorelli

Alcuni streamer hanno creato community attorno a lingue come il basco, il galiziano, il bretone, usandole per parlare di gaming e tecnologie e salvandole dall’estinzione

Un manoscritto (Mark Rasmuson/Unsplash)
Un manoscritto (Mark Rasmuson/Unsplash)

Nel mondo, le cinque lingue più diffuse vengono parlate nativamente da quasi tre miliardi di persone. Cinese, spagnolo, inglese, hindi e arabo rappresentano da sole oltre un terzo dei 7,5 miliardi di abitanti del pianeta. È anche per questa ragione che fa impressione scoprire come nel mondo si parlino qualcosa come 7mila differenti linguaggi. E fa ancora più impressione scoprire che la metà di queste rischia di estinguersi entro la fine del secolo. 

Si tratta di linguaggi come il livone, lingua baltofinnica originaria – secondo quanto riporta Wikipedia – delle aree più nord-occidentali della Lettonia, che oggi conta al massimo una ventina di parlanti attivi (e per questo viene considerata già estinta). C’è poi il caso del gaelico, che nonostante la notorietà viene parlato quotidianamente da sole 170mila persone nella variante irlandese e da meno di 60mila nella variante scozzese. E ovviamente ci sono anche i casi delle lingue a rischio dei nativi americani, dei maori o di altre popolazioni indigene che hanno subito la colonizzazione.

Ma perché alcune lingue scompaiono? Le ragioni sono molteplici: l’imposizione culturale di una lingua straniera (che è ovviamente il caso del gaelico, letteralmente colonizzato dall’inglese), la proibizione del suo uso (è avvenuto con le lingue dei nativi americani) e in molti altri casi, più banalmente, la nascita degli stati-nazione moderni, che hanno standardizzato una sola varietà dei linguaggi parlati al suo interno allo scopo di creare un’identità culturale più omogenea (è quanto avvenuto anche in Italia, ma il caso scuola è quello francese, in cui l’uso del dialetto è stato attivamente comsconfitto dallo stato centrale).

Un salvagente digitale

L’estinzione delle lingue è quindi un processo tipicamente moderno. Ma è soprattutto un processo, da un punto di vista culturale, talmente allarmante che l’Unesco ha deciso di mappare le lingue a rischio e di sostenere i tentativi di tenerle in vita. D’altra parte, quando si perde una lingua si perde un’intera cultura: un modo caratteristico e unico di pensare, comprendere e vedere il mondo. E se è vero che internet è uno dei fattori principali della diffusione dell’inglese (oltre il 50% di tutti i contenuti del web sono in inglese), è altrettanto vero che negli ultimi anni alcune piattaforme digitali hanno avuto un ruolo crescente nella conservazione e – soprattutto – nell’utilizzo di alcune lingue minoritarie.

Tra queste, il caso più interessante è probabilmente quello di Twitch, che – come racconta The Verge – ha permesso a molte di queste lingue di trovare nuova linfa. Nonostante alcuni gruppi etnici siano stati finora esclusi dalla recente introduzione di nuove 350 tag (che aiutano la ricerca anche dal punto di vista linguistico), alcuni streamer si sono spontaneamente riuniti in gruppi con il preciso scopo di sostenersi nel tentativo di creare comunità attorno a lingue come il basco, il galiziano, il bretone e altro ancora. 

La campagna su Twitch

Una di queste campagne utilizza l’hashtag #3000Twitz e ha l’obiettivo di valorizzare – e far riconoscere da Twitch – gli streamer in lingua basca: “È fondamentale che il basco abbia una presenza online e quindi sui social network”, ha spiegato la streamer Arkkuso. “Oggi se non sei su internet non esisti, lo stesso a breve avverrà anche con le lingue”. Un altro collettivo ha invece preso il nome di Galician Gamers, può contare su 58 canali Twitch e avvisa tramite i social network ogni qualvolta sia disponibile uno stream in galiziano (parlato nella comunità autonoma della Spagna nord-occidentale). 

Lo stesso avviene ovviamente anche fuori dall’Europa. Rangiora è un creatore neozelandese di Twitch che utilizza anche la lingua maori, parlata solo dal 4% della cittadinanza ma che negli ultimi anni, grazie anche a sforzi istituzionali, sta vivendo una piccola rinascita. “La lingua maori è ciò che mi connette con la mia cultura, i miei antenati, la mia famiglia, il mio ambiente e mi aiuta a navigare il mondo in cui vivo”, ha spiegato Rangiora: “Fare streaming in maori mi ha fornito uno spazio in cui posso allenarmi nell’uso della lingua, condividerla e migliorarla”. Nei suoi streaming dedicati al gaming, che non sono interamente in maori, Rangiora traduce nella sua lingua ancestrale i titoli dei videogiochi, sceglie parole o frasi della settimana da condividere e diffonde elementi della sua cultura a chiunque sia interessato.

Nella minoranza linguistica maori, lo streaming è diventato uno strumento talmente utilizzato da aver dato vita, anche in questo caso, a una vivace comunità (Ngati Gaming) che ha l’obiettivo di far nascere una vera e propria organizzazione di esport. A far da contraltare a questi gruppi ci sono casi limite molto differenti. Gwenn è una streamer della regione francese della Britannia con una caratteristica: è l’unica creatrice di Twitch a esprimersi in bretone, dialetto che ha perso oltre 800mila parlanti dal 1950 a oggi e di cui ne rimangono in attività poco meno di 200mila.

Utilizzare Twitch per preservare e diffondere lingue così poco utilizzate mette questi streamer di fronte a un concetto diverso di successo: “Ci sono meno persone che possono seguire le mie dirette in termini di numeri totali, ma è anche vero che non sono in competizione con migliaia di altri creatori”, ha raccontato, sempre a The Verge, Robbie Anndra MacLeòid, che trasmette in gaelico irlandese. “Quando cresci parlando una lingua minoritaria, devi aggiustare le tue aspettative. Ogni stream in cui riesco ad avere quattro o cinque persone che parlano in gaelico lo considero come un enorme successo

Un archivio su Youtube

Non è solo Twitch a svolgere questo ruolo di salvaguardia culturale. Lo stesso avviene anche su YouTube, dove per esempio la messicana Oralia Villegas Garcia tiene semplici lezioni sulla sua lingua mazahua, dell’omonima cittadinanza nativa del Messico centrale. Lezioni simili si trovano anche nella già citata lingua livone e anche in lingua lakota (della famiglia Sioux). Se vi interessa, sempre su YouTube ci sono anche corsi di dialetto milanese.

Ma se YouTube è più attivo a livello di lezioni e, in generale, di archivio linguistico, il ruolo di Twitch è probabilmente ancora più importante, perché permette di usare attivamente queste lingue parlando di temi – come il gaming o il mondo tecnologico – che tendenzialmente non si reputano adatti a linguaggi il cui repertorio non viene più aggiornato. Twitch, da un certo punto di vista, colma le inevitabili mancanze degli sforzi istituzionali di tenere in vita lingue in via d’estinzione attraverso lezioni, conferenze e simili.

“Il fatto che oggi i giovani parlino più irlandese, bretone o basco nelle scuole non significa che lo useranno anche al parchetto”, ha spiegato la docente di lingue Aurélie Joubert: “La verità è che un linguaggio dev’essere percepito positivamente in ogni luogo. Questa forma di interazione online attrae le generazioni più giovani, che hanno bisogno di vedere e sentire che la loro minoranza linguistica viene usata sulle piattaforme che usano tutti i giorni”.

Il che non significa che il ruolo della scuola sia trascurabile. Anzi, in alcuni casi estremi sono proprio alcune scuole nate appositamente che mantengono in vita – anche se quasi a livello di feticcio – lingue come il comanche, di cui nel 2007 rimanevano meno di 100 parlanti nativi. È difficile immaginare che la creazione di scuole, dizionari, corsi online e cd musicali possa salvare questa lingua da un’imminente estinzione. Ma una cosa è certa: almeno un giovane che ancora conosce il comanche esiste, visto che tiene lezioni su YouTube. Per il momento, la lingua parlata dalla cittadinanza che fino a due secoli fa dominava su Oklahoma, Colorado, Kansas e parte del Texas è ancora viva.





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www.wired.it
2021-09-11 05:00:05

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