Sin dall’inizio della guerra in Ucraina Mario Draghi “si è dimostrato molto atlantista: non ha esistato nel seguire la linea delle sanzioni e anche la fornitura di aiuti all’Ucraina, ma la sua prima affermazione a Washington rappresenta comunque una novità perché di fatto contribuisce a definire una posizione un po’ diversa tra Europa e gli Stati Uniti, meno unita”. Così Andrew Spannaus, analista politico americano, inventore di Transatlantico.info, newsletter di geopolitica, interpreta l’accento posto dal presidente del Consiglio nella sua missione a Washington sul fatto che “gli italiani e gli europei chiedono la pace e la fine dei massacri”, come ha detto a Joe Biden.
Da una parte, osserva Spannaus, “Draghi è stato possiamo dire costretto a portare questa istanza in America dalla politica interna e dai sondaggi che mostrano che gli italiani non vogliono essere coinvolti troppo in questa guerra e chiedono invece di porvi fine”, ricordando le posizioni di Matteo Salvini, “di una parte del movimento 5 Stelle e vari altri che in Italia sono restii a mandare più armi chiedono invece di pensare al negoziato”.
Ma bisogna anche osservare che, arrivati a quasi tre mesi di conflitto, al momento l’end game dell’amministrazione Biden è diverso da quella dei Paesi dell’Europa occidentale”, aggiunge il docente dell’Aseri “Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali” dell’Università Cattolica di Milano, sottolineando che bisogna fare una distinzione, perché ovviamente su questo “la posizione della Polonia o della Lituania è diversa” da quella della Francia, dell’Italia o della Germania.
‘europei preoccupati da prospettiva di indebolire in modo drastico Putin’
“L’atteggiamento degli Stati Uniti è di utilizzare questa guerra per indebolire la Russia – spiega ancora Spannaus – Si pensa che la Russia abbia fatto un grosso errore strategico e bisogna costringerla non solo a ritirarsi dall’Ucraina, ma anche indebolire in termini più fondamentali, indebolire anche Putin”.
E questa è una prospettiva che “fa preoccupare vari Paesi europei, per dei buoni motivi: non si sa cosa verrebbe dopo Putin in Russia, non è così chiaro, e ci si preoccupa anche che se si mette Putin in un angolo potrebbe reagire con un’escalation”. E quindi nel suo incontro con Biden, Draghi “ha mostrato di voler contribuire ad una posizione europea” sulla scia di quanto detto da Emmanuel Macron pochi giorni fa a Strasburgo, dove ha invitato a ‘non umiliare la Russia’, dice ancora Spannaus, affermando che “non so quanto sia convinto o si senta un po’ costretto a farlo”.
Per il politologo americano però “è fondamentale non identificare gli Stati Uniti con una posizione unica, c’e’ un dibattito interno negli Usa, con commentatori anche mainstream che chiedono fino a che punto vogliamo essere coinvolti in questa guerra: una cosa è mandare le armi, un altro è essere operativamente dentro aiutando l’esercito ucraino a bombardare una nave russa – prosegue riferendosi alle recenti rivelazioni dell’intelligence pubblicate dai media americani – o uccidere generali russi”.
anche interno Pentagono c’e’ chi critica idea di usare guerra per indebolire Putin
Un dibattito che coinvolge non solo stampa e mondo accademico ma anche una fazione del Pentagono che “critica il linguaggio forte di Biden e critica l’idea di utilizzare la guerra per indebolire la Russia piuttosto che cercare una soluzione negoziata con Putin”.
Per questo, conclude Spannaus, Biden si è “molto arrabbiato da questa fuga di notizie perché dimostra invece che siamo coinvolti direttamente nella guerra, perché Biden pubblicamente, ma anche dietro le quinte con i russi diceva che noi non entreremo nel conflitto direttamente con la Russia e staremo attenti ad evitare un allargamento del conflitto”. Mentre queste rivelazioni mostrano che gli Stati Uniti sono coinvolti direttamente e fanno” crescere la preoccupazione che l’amministrazione Biden possa andare troppo in là”.
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2022-05-11 17:26:53 ,