La capo infermiera: “Un anno da separata, ora posso riabbracciare i miei due ragazzi”
MILANO – Tiziana Fiorini, 46 anni, lavora al policlinico San Donato, ospedale specializzato in chirurgia cardiovascolare, dove dirige operatori sanitari non medici: circa 600 tra infermieri, oss, tecnici e fisioterapisti. È in prima linea da un anno.
Quando si è vaccinata e con quale dose?
“A gennaio, con Pfizer”.
Cosa ha significato per lei?
“È stata prima di tutto una grande emozione. È lì che ho pensato, forse ci siamo, forse riusciamo a vedere la luce”.
Sul posto di lavoro cos’è cambiato?
“Lo dimostrano i dati, da quando il 95 per cento del personale è vaccinato non ci sono praticamente più focolai Covid nell’ospedale. Dal punto di vista delle procedure però non è cambiato nulla: bisogna mantenere alta l’attenzione e usiamo sempre le stesse protezioni”.
E a casa?
“Ora posso abbracciare i miei figli con più tranquillità. Io sono divorziata e ho due figli maschi, uno di 12 e uno di 16. Lo scorso anno abbiamo vissuto separati e non potevo neanche avvicinarmi a loro. Non abbiamo preso il Covid perché siamo stati attentissimi, ma è stata molto dura. In generale adesso mi sento più serena nei rapporti con gli altri”.
Conosce qualcuno che lavora con lei che non vuole vaccinarsi?
“No, quel 5 per cento che manca all’appello è per motivi di salute, quando sarà possibile lo faranno anche loro. In realtà da noi c’è stata la corsa al vaccino, tutti lo volevano. Non abbiamo mai vissuto la paura del vaccino, anzi: è stata una festa”.
La caregiver: “Vivo per mio figlio disabile, prima non uscivo nemmeno per la spesa”
PALERMO – Con la prima dose di vaccino è arrivata anche la serenità che inseguiva da tempo. Per Antonella Asciutto Ferro, 61 anni, madre di Alessandro, di 36, cerebroleso e non vedente, quello di venerdì scorso è stato un giorno di svolta.
Che cosa è cambiato?
“Da due giorni sono sollevata, ho meno paura di occuparmi di mio figlio. Finalmente anche per me è arrivato il momento della somministrazione della prima dose del vaccino Moderna. Mio figlio, invece, ha ricevuto la seconda già un mese fa. Era giusto, per tutelarlo, che occupandomi di lui giorno e notte rientrassi al più presto nel piano di vaccinazione”.
L’attesa è stata lunga. Lei l’ha seguita anche come referente siciliana del coordinamento famiglie con disabilità.
“Abbiamo dovuto aspettare le linee guida nazionali per i caregiver familiari. Io mi occupo di Alessandro dal giorno della sua nascita. Un trauma al momento del parto l’ha reso disabile: avevo 25 anni. Da allora la mia battaglia per le persone con disabilità non si è mai fermata. Nell’anno della pandemia abbiamo continuato a lottare per i diritti più basilari. Anche per il vaccino”.
Quanto è stato difficile questo anno di pandemia?
“È stata durissima. In un primo momento si sono fermati tutti i servizi essenziali per il benessere di Alessandro. Solo con grande fatica, dopo mesi, sono ripartiti. Poi ho avuto paura di ammalarmi e di poter trasmettere a lui la malattia anche soltanto andando a fare la spesa. Da quando sono rimasta vedova ho smesso di lavorare. La mia vita consiste nell’occuparmi di mio figlio, dei suoi diritti e di quelli di tutte le persone come lui”.
La novantenne: “Sogno un altro viaggio. Per il compleanno farò una piccola festa”
TORINO – Mariù Lanfranco ha quasi 98 anni e ha condotto una sua battaglia contro i tempi lenti del vaccino. Era inserita nella lista di chi chiedeva il farmaco a domicilio visto che per lei spostarsi è un’impresa quasi impossibile. Poi però ha deciso che non era il caso di aspettare: a Torino le vaccinazioni a domicilio sono partite con molto ritardo. Ha mobilitato parenti e badante ed è salita su un taxi con la carrozzina.
Mariù, ora è contenta?
“Sono felicissima. Intanto ho sempre il sogno di fare ancora un viaggio e poi io sono una che è abituata a vedere un sacco di gente e con questa pandemia la vita è durissima, più che in guerra se vogliamo proprio dirla tutta. Allora ero giovane, ora sono più in difficoltà. Finché non sono tutti vaccinati non posso incontrare quasi nessuno. Comunque per il mio compleanno ho un piano”.
Quando compie gli anni?
“Il 21 aprile e avrei intenzione di vedere tutti gli amici e i parenti. Però a turno, per evitare assembramenti. È ancora troppo presto per immaginare una bella festa, vero?”.
Al centro vaccinale ha dovuto aspettare?
“No, un’ottima organizzazione. Sono stati tutti gentilissimi. Mi hanno vaccinato il 30 marzo, fra qualche giorno andrò per il richiamo. A Pasqua mi hanno permesso di vedere qualcuno”.
Mi hanno detto che lei ha avuto tre mariti, è così?
“Sì, tre. Non mi sono fatta mancare nulla. Ho fatto la Resistenza, sono nata a Istanbul e ho vissuto in quattro diversi continenti. Non voglio che a fermarmi sia il Covid”.
La prof: “Immune per la fine della scuola, però a settembre sarà vera ripartenza”
ROMA – Natascia Cirimele ha 34 anni, una giovanissima del vaccino, ma con una corsia prioritaria perché insegna al Rossellini, l’istituto cinetelevisivo di Roma.
Da prof com’è stato vaccinarsi?
“Come un capodanno: ho prenotato a mezzanotte e un minuto di un sabato e due giorni dopo, la mattina del primo marzo, ho avuto la mia dose di AstraZeneca”.
Ha avuto dubbi o timori?
“Solo sull’efficacia e sui tempi perché con il vaccino di AstraZeneca sarò immune solo a giugno, alla fine della scuola. Ma sono andata tranquilla, non vedevo l’ora di farlo”.
Ci sono colleghi che hanno rifiutato il siero?
“Io non ne conosco. Tra colleghi e amici che insegnano in altre scuole la campagna vaccinale è la cosa che ci ha esaltato di più”.
Con i vaccini ai docenti le scuole ora sono luoghi sicuri?
“Al centro delle nostre richieste abbiamo sempre messo il tema dei vaccini. ‘Se dobbiamo tornare in classe – dicevamo davanti alla mancanza di tracciamento e a classi di 28 alunni – almeno vaccinateci’. Non avendo la bacchetta magica per gestire l’epidemia era una delle cose assolutamente da fare”.
Dopo l’immunità, come sarà tornare in classe a settembre?
“Per gli insegnanti sarà la ripartenza vera, a meno che il piano vaccinale per i docenti che non hanno ancora ricevuto la prima dose non si blocchi. Per gli studenti potremmo essere ancora veicolo di contagio. È l’occasione giusta per fare assunzioni di massa e creare classi da meno alunni, per la riduzione dei contagi e recupero dell’apprendimento”.