Vaccino Covid, le telefonate di Draghi a AstraZeneca e Pfizer- Corriere.it

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Le telefonate di Mario Draghi con gli amministratori delegati delle principali case farmaceutiche internazionali produttrici di vaccini non sono state episodi isolati. Lo confermano a Palazzo Chigi aggiungendo — rispetto a quanto anticipato dal Corriere— che si trattato di un’operazione concordata e condivisa fra il presidente del Consiglio italiano e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Il capo del governo infatti non si rivolto ai capi delle Big Pharma con una rivendicazione di stretta natura italiana, ma parlando anche a nome dei suoi partner europei, visto che i contratti sui vaccini riguardano tutta la Ue, che dalla Unione sono stati sottoscritti e dunque un pressing sulle aziende non avrebbe senso da parte di un solo Stato.

La notizia conferma un tandem di lavoro ormai molto affiatato fra Palazzo Chigi e i vertici della Commissione europea, una sintonia che trova d’accordo le due istituzioni anche sul punto finale di questa opera di moral suasion: non tanto il blocco delle esportazioni extra-Ue in caso di ulteriori ritardi nelle consegne, ma la ricerca di un accordo economico e politico con i diversi attori della grande partita dei vaccini. Un accordo che — in primo luogo — deve avere al centro un’intesa fra Bruxelles e Londra e sul quale sia Draghi che von der Leyen stanno lavorando in stretto contatto.

Il tutto avviene in una cornice internazionale che resta comunque complessa: gli interlocutori di Mario Draghi hanno ascoltato le ragioni dell’Italia e dell’Unione, hanno promesso che faranno il possibile, nel caso di Pfizer si rimarcato che l’azienda ha distribuito anche oltre i parametri dei contratti, per quanto riguarda AstraZeneca resta il punto interrogativo sulla capacit di recupero su quanto non consegnato all’Europa nel primo trimestre di quest’anno, ma in ogni caso il capo del governo non stato l’unico ad alzare il telefono e far sentire la propria voce.

Lo rimarcano anche nello staff del premier Draghi, con una sorta di understatement che comunque pi che plausibile: In queste settimane le grandi aziende farmaceutiche ricevono chiamate un po’ da tutti i governi, non si possono attribuire alle mosse doverose del presidente del Consiglio una valenza salvifica.

Le somme, dicono ancora nel governo, si tireranno a fine mese, difficilmente prima, anche se nell’ultimo decreto la maggioranza ha raggiunto un sorta di compromesso sulle possibili riaperture legato alla valutazione settimanale dei dati scientifici.

Per venire incontro alle richieste pressanti di Matteo Salvini e della Lega, infatti, il capo del governo continua a richiamare gli indicatori chiave della pandemia in corso: anche se i contagi sono in lieve calo, sono i ricoveri in terapia intensiva e il numero dei decessi a dover scendere in modo decisivo. Solo a questo punto si potr pensare a riaprire, con tutte le cautele possibili, le principali attivit commerciali.

Questa settimana entra invece nel vivo il confronto fra governo e Regioni su un altro capitolo chiave dell’attivit dell’esecutivo: Draghi stesso infatti parteciper gioved all’incontro con i governatori per illustrare le ultime novit del Recovery plan, che deve essere inviato a Bruxelles, insieme agli strumenti di governance, entro la fine del mese. possibile che alcuni suggerimenti fatti in questi ultimi giorni dal Parlamento vengano recepiti nel Piano, ma difficile che il testo definitivo possa essere ancora una volta esaminato da Camera e Senato, prima di approdare sui tavoli della Commissione europea. Potrebbe non essercene il tempo, un’ipotesi che ha gi contestato la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.

5 aprile 2021 (modifica il 5 aprile 2021 | 23:07)

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