Zlatan prima di Ibra, la fame che portò al successo – Calcio

0



ROMA – Chi era Zlatan Ibrahimovic prima di diventare Ibra? È una domanda, più che qualunque risposta possibile, ad aver ispirato i 100 minuti del film “Zlatan” e Jens Sjörgen che lo ha diretto. Non senza qualche dubbio iniziale. “Quando me lo hanno proposto, ho detto di no: non farò il film su Ibrahimovic“. Poi è cambiato tutto leggendo la sua biografia: “Ho tolto il successo dalla sua storia, mi sono concentrato sulla sua fame, sul suo desiderio di calcio, sulla sua lotta con la rabbia dentro di sé”. Poi i due ne hanno parlato. “E Ibrahimovic mi ha detto: fai il film che vuoi fare tu, io non interferisco: io so cosa fare in campo, tu dietro la macchina da presa”.

La storia – in sala l’11 novembre, distribuita da Universal Pictures e Lucky Red – in effetti si ferma proprio quando la storia inizia a diventare familiare, almeno per chi lo ha scoperto in Italia: la telefonata con cui Luciano Moggi decise di portarlo alla Juve dall’Ajax è il sipario che chiude il suo inseguimento alla gloria. Una scalata lunga, ma sempre attraverso l’occhio di Zlatan: dal bambino che fatica ad adeguarsi alle regole della scuola svedese al rapporto complicato col padre, dai furtarelli e le mascalzonate con gli amici alla prima conquista amorosa. E all’incontro che gli ha cambiato la vita: non con una donna, ma con l’agente Mino Raiola. “Non fare il bambino” gli dice (in italiano!) nella pellicola. Dopo averlo convinto a vendere la Porsche e l’orologio d’oro per provare a concentrarsi sul sacrificio, sul calcio.

A interpretare Ibrahimovic, due ragazzi: Dominic Bajraktari Andersson è Ibra bambino, dagli 11 ai 13 anni. Mentre l’Ibra adulto è Granit Rushiti, nomi scelti dal regista in persona: “A Ibra ho detto: fidati, sono le uniche persone che possono interpretare te”. Il piccolo Dominic ha i suoi occhi taglienti, lo sguardo fiero. Granit persino di più: “Sono un calciatore, giocavo nel Malmo, come lui. Lì tanti mi dicevano che avevo uno stile simile al suo, mi voleva il Benfica, poi mi sono rotto due volte i legamenti del ginocchio destro”, ci dice, indicando la gamba col taglio della mano su cui riflette un anello d’oro con la testa di un leone. “Zlatan è sempre stato il mio idolo, in Svezia è più importante del re, io volevo solo che tutto fosse fatto perfettamente, interpretarlo in Svezia è come fare Maradona in Argentina, una grande responsabilità”. Chissà se per vezzo, ma la sua voce somiglia davvero a quella di Ibrahimovic, mentre parla. “E’ la cosa su cui ho dovuto fare il lavoro maggiore: su quella e sul sorriso, solo allora è venuto fuori il personaggio. Anche se come prima cosa ho dovuto capire cosa volesse dire recitare. Adesso voglio fare l’attore”.

Anche Ibrahimovic è rimasto impressionato: “Parla esattamente come me, com’è possibile?”, s’è lasciato sfuggire col regista. Alla presentazione di Roma non ha potuto esserci, ma ha inviato un video messaggio al regista e agli attori. In fondo, lui la sua presentazione l’aveva già avuta. “Siamo arrivati da Stoccolma a Milano solo col 70% del film girato”, ci ha raccontato Sjörgen. “È stata la proiezione peggiore della mia vita, per tutto il tempo vedevo solo la sua nuca, immobile. A noi il film piaceva, ma era la sua vita. Alla fine del film, dopo due o tre secondi di silenzio, lo abbiamo sentito applaudire. Mi sono avvicinato a lui, era emozionato, ci ha detto che si era ritrovato in pieno nelle scene della sua infanzia. Mi ha detto: ci sono tornato dentro, è tutto perfetto. E non so come abbiate fatto, perché quelle scene le ho vissute solo io”. Cosa rispondergli? Facile: “È la magia del cinema: Ibracadabra”.



Source link

Leave A Reply