Cyberarmi, politica e finanza.
Continua a ingrandirsi il caso Paragon Solutions, la società israeliana che ha sviluppato Graphite, uno dei software spia più sofisticati al mondo. Un sistema di sorveglianza di livello militare, capace di infiltrarsi in uno smartphone senza che l’utente se ne accorga: prende il controllo del microfono, della fotocamera, dei messaggi, dei file personali.
Uno strumento potentissimo, che — secondo quanto emerso — è stato utilizzato anche dai servizi segreti italiani fino allo scorso febbraio. E non solo per indagini sensibili: tra i bersagli, infatti, ci sarebbero stati attivisti, giornalisti, imprenditori e figure politiche del nostro Paese.
Dopo l’inchiesta del Guardian, le nuove rivelazioni firmate da IrpiMedia e La Stampa aprono uno scenario ancora più preoccupante: nell’elenco delle potenziali vittime compaiono nomi appartenenti ad alcune tra le persone più influenti d’Italia.
E oggi possiamo aggiungere un tassello ulteriore: secondo verifiche tecniche indipendenti, anche il cellulare di Francesco Nicodemo, consulente politico vicino al Partito Democratico, presenta tracce dell’infezione di Graphite. Un dato che allarga ulteriormente il perimetro della sorveglianza e dei suoi possibili obiettivi.
Ma i punti oscuri restano numerosi.
Il Copasir, il comitato parlamentare che vigila sui servizi segreti, ha negato che l’Italia abbia spiato giornalisti. Se così fosse, però, perché Paragon Solutions ha interrotto i suoi rapporti commerciali con l’Italia?
Una decisione così drastica — e così rapida — difficilmente può essere casuale.
E ancora:
- Qual è la reale natura dei rapporti tra Copasir e servizi segreti in questa vicenda?
- Chi ha materialmente ordinato e gestito le attività di sorveglianza?
- Chi controllava gli obiettivi?
- E perché proprio quei nomi?
Domande che, per ora, non hanno una risposta.
Ma il quadro che sta emergendo è chiaro: siamo davanti a un caso che intreccia tecnologia militare, politica ad alto livello e poteri economici, con una potenziale violazione sistematica dei diritti fondamentali.
L’inchiesta di Carlo Marsilli, con le interviste a Raffaele Angius (IrpiMedia – La Stampa) e altri esperti del settore, prova a fare luce su una storia che, giorno dopo giorno, appare sempre più grande — e sempre più inquietante.














