C’è un punto oltre il quale la politica non è più politica. È intimidazione, arbitrio, potere che si auto-legittima.
L’annuncio di Donald Trump di voler annullare retroattivamente tutti gli atti firmati da Joe Biden tramite autopen è esattamente questo: un segnale inquietante che la democrazia liberale sta cedendo sotto i colpi di un nuovo autoritarismo, subdolo e digitale, che avanza senza incontrare resistenze adeguate.
Non importa che l’autopen sia perfettamente legale e usato da decenni.
Non importa che le sue accuse siano prive di prove.
Importa una cosa soltanto: lo sdoganamento dell’idea che un leader possa cancellare la legge con un post.
È l’inizio della fine.
Se chi governa può riscrivere la legalità a piacimento, nulla è più certo
Trump non sta discutendo di procedure: sta testando i limiti del possibile.
Il suo messaggio è semplice, brutale:
la legge esiste solo finché io lo decido.
Questo è il punto di rottura.
Il momento in cui la certezza del diritto — cardine di ogni democrazia — viene sostituita dalla volontà del capo.
La storia insegna che i sistemi democratici non crollano da un giorno all’altro.
Crollano perché una serie di forzature diventa “tollerabile”.
Crollano quando ciò che ieri sembrava impensabile, oggi sembra discutibile, domani diventa normale.
Trump sta già spostando quel confine.
Europa e Italia a rischio emulazione: il virus dell’arbitrio è contagioso
Non è un fenomeno isolato: è un precedente.
E i precedenti, nelle mani delle destre radicali europee, diventano strumenti.
In questi anni diversi governi e partiti di destra, in Italia come in Europa, hanno mostrato insofferenza verso:
la magistratura indipendente,
le autorità di garanzia,
i media non controllati,
perfino la Costituzione quando frena il potere.
C’è chi invoca “pieni poteri”, chi invoca “premierati forti”, chi considera i contrappesi un ostacolo.
Quanto tempo passerà prima che qualcuno, da noi, sostenga che certi atti del governo precedente siano “invalsi”, “illegittimi”, “non vincolanti”, perché firmati da un ministro “non lucido” o da un leader “delegittimato”?
Pensiamo davvero che questa retorica non possa attecchire in Europa?
Pensiamo davvero che non ci siano politici pronti a cogliere l’occasione?
Il pericolo è reale.
Il terreno è già fertile.
Un miliardario che riscrive le regole: potere privato contro Stato di diritto
La parte più inquietante è un’altra: mai nella storia moderna un singolo individuo privato ha avuto tanto potere narrativo e mediatico da poter destabilizzare in tempo reale la percezione della legalità.
Un multimiliardario con:
una piattaforma social personale,
una base di milioni di seguaci,
un controllo ideologico su una parte del Paese,
una rete mediatica compiacente,
può oggi alterare la realtà più rapidamente di qualsiasi tribunale.
La democrazia non è preparata a questo.
Le istituzioni non sono progettate per resistere a un leader che comunica a una velocità più alta della legge, più alta della stampa, più alta dei contrappesi.
È la verticalizzazione immediata del potere, senza filtro, senza discussione, senza limiti.
La fine della democrazia non arriva col rumore dei carri armati: arriva nel silenzio dell’abitudine
Le democrazie non muoiono più con golpe e barricate.
Muoiono lentamente, e quasi sempre in silenzio, mentre i cittadini si abituano a piccole distorsioni che diventano normalità.
Prima si accetta la delegittimazione del predecessore.
Poi si giustifica la violazione delle procedure.
Poi si tollera la riscrittura arbitraria della legalità.
Infine si scopre che lo Stato di diritto è un guscio vuoto.
L’annuncio di Trump, oggi, è uno di quei momenti spartiacque.
Un segnale che viene ignorato solo a rischio della nostra stessa libertà.
È il momento di essere chiari: la democrazia sta entrando in una zona d’ombra
Non è catastrofismo.
È analisi.
La crisi della democrazia occidentale non è un’ipotesi: è un processo già in corso, e dichiarazioni come quella di Trump lo accelerano.
Un leader che pretende di riscrivere la legalità da solo è un leader che non accetta limiti.
E un potere senza limiti non è democrazia: è autoritarismo.
Se questo gesto non viene condannato con forza, se non si riconosce la gravità del precedente, se non si vede il rischio che corrono Italia ed Europa, allora siamo già oltre il punto di non ritorno.
È il momento di dirlo senza mezzi termini:
La democrazia non è eterna.
E oggi, per la prima volta da decenni, la stiamo davvero perdendo.














