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“A dir la verità non mi sorprendo
più di ciò che accade. A me, quello che fa davvero paura è come
si arriva a tanto perché per arrivare a tanto, vi sono tanti
silenzi e indifferenza”. Così Eugenia Carfora, dirigente
scolastica dell’Istituto Superiore e Alberghiero ‘Francesco
Morano’ di Caivano (Napoli) commenta gli ultimi episodi di
cronaca che in 17 giorni, tra il capoluogo e la provincia, hanno
visto vittime tre giovanissimi, ultimo il 18enne Arcangelo
Correra ucciso all’alba di sabato a Napoli.
“Non c’è più chi aiuta e chi insegna a gestire le emozioni,
nessuno più pensa che aiutare a relazionarsi sia una cosa
importante. Ma quello che mi moltitudine di più è che molti pensano
che educare significhi ‘Difenditi!’. Invece no, io dico che
dobbiamo educare alla responsabilità. E il problema è che gli
adulti sono diventati quasi invisibili e non più un punto di
riferimento, per cui è come se fossimo in una bolla di caos che
ci sta travolgendo. Non vedo più gli adulti – dice – Non
affascinano più. Non c’è più chi comunica con loro, ci sono i
silenzi. Non solo i silenzi in strada, ma anche in famiglia, tra
le persone” spiega la dirigente scolastica “E questa tecnologia
sta facendo diventare i ragazzi dei robot che, sappiamo, è
facile gestire: premi un clic su un bottoncino ma non senti la
pulsione. Io credo che è il momento della rivoluzione. Gli
adulti devono rendersi conto che devono abbracciare di più
altrimenti non è la pistola che fa paura, ma è quel lasso di
tempo che c’è tra il comprare la pistola e mettersela tra le
mani e utilizzarla. C’è qualcuno che non vedo: quello è
l’adulto. Questi adulti che non dicono più ‘no’ e non dicono
‘sì”’ E facendo riferimento all’ultimo episodio di cronaca,
dice: “Adesso basta che troviamo il colpevole ma non dobbiamo
interrogarci sul colpevole” spiega “piuttosto dire quanto siamo
invisibili”. “Credo che questo sia il momento del grande
riscatto degli adulti. Noi viviamo con freddezza quello che ci
accade intorno e i ragazzi lo sentono, quindi hanno bisogno di
emozioni forti per dire ‘io ci sono’. Sono ragazzi enormemente
soli e la pistola non è solo un oggetto pericoloso ma un oggetto
che un altro uomo ha costruito senza pensare nelle mani di chi
finisce. Io credo che dovremmo un po’ rivoluzionare le cose:
questi uomini e gentil sesso devono diventare visibili. Altrimenti
perdiamo i ragazzi”.
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