Un’annata rimasta nella memoria quella del 1974, dove la filmografia ha portato sui grandi schermi successi che ancora oggi, dopo 50 anni, vengono rivisti e apprezzati. 10 film, diverse categorie, ma con un grande valore.
Frankenstein Junior, di Mel Brooks
Uno dei film più celebri, Frankenstein Junior, anche dopo 50 anni, probabilmente per i suoi remake o semplicemente per l’umorismo che lo ha sempre caratterizzato; d’altronde stiamo parlando di un horror che non perde mai la sua rilettura satirica portata avanti da battute repentine. Una messa in scena innovativa, senza tempo, con un messaggio nascosto inviato dal gobbo Igor, l’inserimento del diverso, dello storpio.
Non aprite quella porta, di Tobe Hooper
Il primo piano di un cadavere in putrefazione e un’interpretazione impossibile da non detenere: un cult che cade nel perverso, malato e perfino opprimente. Non aprite quella porta del 1974 cerca di avvicinare il genere horror ad una visione pessimista, dove la parola non serve per spiegare, proprio come ci insegna il Serial Killer, che corre costantemente solo per il gusto di uccidere, senza concederci motivazioni. Tobe Hooper ci dice che la natura umana è violenta, e che la sopravvivenza, alla fine di tutto è la vita stessa.
Il Padrino (parte II), di Francis Ford Coppola
Paradossale, ma non è un semplice sequel. Non è stato una semplice produzione per potere continuare a dire “azione”. Il Padrino II è stato il film più premiato della trilogia, con 6 premi Oscar e 6 nomination ai Golden Globe. Una narrazione che conduce il tradimento e l’ingiustizia ad unirsi con la vendetta e la morte, forse una sorta di regola d’onore in questa messa in scena.
Un cast passato alla storia, con riconoscimenti come uno dei premi Oscar affidati al miglior attore non protagonista, ovvero, Robert De Niro, anche se l’interpretazione di Al Pacino avrebbe meritato un segno di stima, del resto è raro che si possa nascere destinati ad un preciso ruolo. Il 1974 diede un segno, dove Il Padrino prima di essere storia era già Leggenda.
C’eravamo tanto amati, di Ettore Scola
C’eravamo tanti amati, un film del 1974 che presenta non solo la memoria della Nazione italiana, non soltanto il percorso di crescita e le varie debolezze che il fascismo aveva generato tutte insieme in un solo paese; piuttosto è la messa in scena di promesse, di sogni, di desideri molto spesso caduti nell’oblio, molto spesso non esauditi. Dopo cinquant’anni vi è un film corale che presenta ancora la sua freschezza, che tuttora trasmette i suoi messaggi e ideali, evidenziando un’intrinseca e infinita attualità.
Finché c’è guerra, c’è speranza, di Alberto Sordi
Una comicità che sfocia nella denuncia, una denuncia rispetto all’operato “neocoloniale” all’interno del Senegal. La trasformazione graduale di un personaggio Sordi/Chiocca che da cinico e distaccato diviene man mano un complice della cittadinanza che era stata soggetta a bombardamenti. Un film destinato ad un pubblico ben preciso, dove l’ironia e la comicità erano solo chiavi per sdrammatizzare considerando sempre che finché c’è guerra, c’è speranza.
Quella sporca ultima meta, di Robert Aldrich
Un’annata sensazionale quella del 1974, che ci offre perfino uno spunto di cinema sportivo. Un accusato per furto e ubriachezza potrà mai modificare i suoi atteggiamenti e ritornare ad essere solamente il campione di football? Possiamo dire che lo sport molto spesso è la chiave di tutto, la leggerezza e la naturalezza a cui conduce può far ritrovare la strada giusta, Quella sporca ultima meta unisce la metafora sportiva Un film alla violenza e all’abuso fisico e psicologico che il mondo del carcere impartisce al protagonista Paul Crewe. Un mix di dramma e comicità, dove l’unico obiettivo è la consapevolezza di come riscattare la propria vita.
Tutto apposto e niente in ordine, di Lina Wertmuller
Una storia vecchia, ma sempre attuale. Una pellicola che mira a denunciare e a far conoscere le battaglie dei giovani, che per riuscire a costruirsi un lavoro stabile e una famiglia si ritrovano a combattere contro le più ardue imprese. Difficoltà costanti per chi non ha agganci o conoscenze, cosa che conduce molti a cadere nella tentazione della malavita, una sponda a cui si approda solamente per sopravvivere. C’è chi si accontenta di lavori umili, chi cede alla tentazione del denaro sporco e chi alla strada della prostituzione. Tutto apposto e niente in ordine presenta una nota umoristica che però non riesce a colpire realmente lo spettatore, considerando la veridicità delle difficoltà che si incontrano e la cruenta denuncia.
Chinatown, di Roman Polanski
Un cult senza tempo quello di Roman Polanski, che nel 1974 ci ha donato il brivido del giallo. Un detective privato, ex poliziotto che si muove nelle strade della Los Angeles degli anni ‘30 per risolvere un omicidio. Chinatown di Polanski viene considerato come il genere più coinvolgente: il noir. Un film definito sotto la categoria neo-noir, inserito nel 1998 dall’American film Institute al diciannovesimo posto della classifica dei migliori cento film statunitensi e che pone in luce come anche un singolo uomo possa agire per poter scovare la verità all’interno di un sistema poco chiaro, corrotto come quello del quartiere di Chinatown, dove vi sono istituzioni formate e governate da uomini potenti e intoccabili. Un protagonista coraggioso, eroico e senza paura, che agisce tramite passione e forza all’interno di un contesto costellato da riferimenti sociologici, politici e filosofici. Concetti che pervadono lo schermo e che rendono Chinatown una pellicola senza tempo.
Il grande Gatsby, di Jack Clayton
Un grande classico, conosciuto da grandi e piccoli. Il grande Gatsby entra nelle sale nel 1974 con il terzo adattamento dell’omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald del 1925. La storia di un uomo, ex gangster divenuto miliardario e il suo cuore destinato ad una sola donna, Daisy. La storia di un amore non coronato e del sacrificio per poter raggiungere la conquista. Jack Clayton ha realizzato una messinscena con passaggi persino “a vuoto”, non andando, però, a perdere mai eleganza e finezza, piuttosto donando magia ad una cruda realtà. Una pellicola che ricevette delle critiche perché ritenuta eccessivamente superficiale e ridotta al minimo, alle ossa. Critiche che non hanno avuto seguito, il Gatsby del 1974 vinse, infatti, due Oscar per costumi e musica.
Assassinio sull’Orient Express, di Sidney Lumet
Una proiezione che viene considerata come il vero cult del romanzo della Christie, rivisitato poi più volte, piuttosto quello del 1974 è stato in grado di far oscillare i personaggi da ruoli aulici e intelligenti, ad altri comici e carichi di umorismo. Una storia ambientata su due vagoni di un treno bloccati in mezzo alla neve, con un corpo ritrovato e la presenza del bizzarro detective Poirot, che si trova sempre in conflitto tra il seguire la sua coscienza o la sua natura da detective. Assassinio sull’Orient Express di Lumet viene considerato ancora oggi come una ventata d’aria fresca, dove il poliziesco si sposa con il comico, intrattenendo e divertendo il pubblico e rendendo la trasposizione più solida e coinvolgente.
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di Chiara Frongillo
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2024-02-07 15:13:00 ,