Sette anni e tre mesi per avere una sentenza definitiva in una causa civile, un tempo doppio rispetto alla Francia. Una mole di fascicoli «pendenti» che nel 2020 è cresciuta del 3% rispetto all’anno precedente superando quota 1.600.000. La riforma della ministra della giustizia Marta Cartabia, approdata in consiglio dei ministri, si propone di abbattere questi tempi del 40% in cinque anni; solo un po’ meno ambizioso l’ obiettivo fissato per i processi penali, i cui tempi dovranno ridursi, nello stesso arco di tempo, del 25%. E’ una vera e propria scalata di sesto grado quella che il sistema giustizia italiana ha davanti a sè, una rivoluzione mai centrata in passato ma che adesso è condizione indispensabile perché l’Europa conceda i soldi previsti dal Recovery Fund. Il commissario Ue alla giustizia, Didier Reynders, ha detto che la Commissione Ue monitorerà l’evoluzione delle riforme: «C’’è l’impegno nel piano di ridurre il tempo necessario a concludere le cause . Questo avrà un impatto positivo su economia e forse per attrarre investimenti stranieri, ma dobbiamo vedere che tipo di evoluzioni».
La comparazione tra i tempi del processo italiano e quelli di altri Stati europei è stata effettuata dal Cepej (commissione per l’efficienza della giustizia della Ue). L’ultimo report è stato diffuso nel novembre scorso e si basa su dati del 2018. A questa data gli esperti di Bruxelles avevano stimato la durata media di una causa civile in Italia nei suoi tre gradi di giudizio (tribunale, Corte d’Appello, cassazione) in 2.655 giorni, pari a 7 anni e tre mesi. In Francia lo stesso iter richiede 3 anni e 4 mesi (1.2212 giorni), in Spagna 1.238 giorni e in Svezia 377 giorni. L’Osservatorio del ministero della giustizia italiana fornisce dati più aggiornati, al 2020 ma riguardanti solo ai primi due gradi di giudizio: per una causa civile ordinaria o di lavoro tra tribunale e Corte d’Appello è necessario attendere 1.310 giorni , circa 3 anni e mezzo. La stessa fonte avverte che l’«arretrato» dei processi , dopo anni in cui era andato lentamente calando, è tornato a crescere , segnando nel 2020 un +3,1% .
Anche nel settore della giustizia penale l’anno del Covid ha coinciso con una crescita dei processi pendenti, seppur lieve: sono infatti passati da 1.152.000 a 1.185.000 dopo anni di calo costante. Secondo dati del 2019 tra indagini preliminari e sentenza della Cassazione occorre attendere in questo caso 1.600 giorni, con punte superiori ai 2.200 a Roma, Napoli e Reggio Calabria. Sempre secondo il rapporto Cepej in Italia sono necessari 310 giorni per una sentenza penale di primo grado contro i 117 della Germania o i 163 della Spagna o i 72 della Gran Bretagna.
La ministra Cartabia, come detto, ha proposto di abbattere drasticamente i tempi di attesa, tanto nella giustizia civile, quanto in quella penale. Parlando ai capigruppo della commissione giustizia della Camera il 10 maggio scorso, la guardasigilli ha confermato di voler tagliare il percorso dei tre gradi di giudizio del 40% in campo civile e del 25% in quello penale. «Il fattore tempo – ha detto la ministra in quella sede – è al centro delle preoccupazioni dei cittadini, delle istituzioni europee, degli attori economici. Il fattore tempo è e deve essere al centro delle proposte di riforma che stiamo intraprendendo». Disfunzione che genera due problemi: molti processi vengono annullati dalla prescrizione e vine violata il fondamentale diritto dei cittadini sulla ragionevole durata dei processi.
8 luglio 2021 (modifica il 8 luglio 2021 | 22:29)
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