Secondo un recente studio della Video Game History Foundation, l’87% dei videogiochi usciti prima del 2010 è ormai sostanzialmente irrecuperabile visto, che non è più possibile ritrovare questi titoli presso canali di vendita fisici o digitali. Nove titoli su dieci sono dunque scomparsi per sempre? In realtà, la ricerca sottolinea come a salvare questo immenso catalogo sia stato paradossalmente proprio il peggior nemico dei produttori di videogiochi ovvero la pirateria e i metodi al limite (e spesso oltre) il regolamento come l’emulazione, che consentono di salvaguardare questo imponente patrimonio videoludico.
La fondazione dei videogiochi storici si è occupata in questi anni di tutelare la storia videoludica e di cercare di favorire la preservazione dei titoli che hanno scritto la storia, assieme anche a quanta più produzione possibile uscita negli anni. Un’impresa che risulta però ardua se si scelgono le vie lecite: la maggior parte degli editori – se ancora esistente – non ha budget da spendere per rendere sempre accessibile il catalogo più datato e di certo non produce più supporti come dischi o cartucce se non in casi molti rari. Prendendo come esempio tre piattaforme molto note, il Commodore 64 è considerato un ecosistema quasi abbandonato, il Game Boy sta molto peggio delle aspettative, mentre solo la Ps2 è ancora vive e combatte. Secondo la fondazione, la situazione dei giochi storici è paragonabile alla sopravvivenza dei film muti (solo il 14% ancora reperibile in qualche modo) e delle registrazioni vocali e audio prima della Seconda Guerra Mondiale (10%). Il problema è dovuto alla combinazione di software e hardware, con i titoli storici che nella teoria possono essere riprodotti da supporti originali su apparecchiature originali, spesso introvabili. E i remake o le rimasterizzazioni sono limitate a pochissimi casi.
Ed è qui che entrano in gioco emulazione e pirateria, dato che con un semplice programma spesso e volentieri gratuito è possibile avviare una partita a un videogioco uscito su una console anche di fine anni ’70 su un computer moderno oppure addirittura via web. Qualcosa di non sempre legale, visto che ci si inoltra in un ginepraio legale, con i grandi produttori che combattono lo sviluppo degli emulatori (soprattutto Nintendo), ma con una lotta che può limitarsi solo a inseguire e tamponare le perdite. La speranza è che continuino a moltiplicarsi i casi lodevoli di spazi dove i videogiochi storici vengono tutelati, come lo Strong Museum of Play a Rochester nello stato di New York o l’Embracer Games Archive in Svezia e che almeno i grandi produttori non si dimentichino del loro monumentale archivio.
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di Diego Barbera www.wired.it 2023-07-11 14:06:54 ,