di Chiara Dilucente
Il 9 dicembre 2021 l’Imaging X-ray polarimetry explorer (Ixpe), il satellite realizzato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi), in collaborazione con la Nasa e con il contributo dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), è stato lanciato in orbita da Cape Canaveral, in Florida.
Adesso, a poco più di un mese di distanza, Ixpe, a 540 chilometri dalla Terra, ha iniziato la fase operativa vera e propria, che durerà per almeno due anni e che avrà come obiettivo le aree più remote della nostra galassia, in particolare i buchi neri e i resti di supernove e di stelle di neutroni. In particolare, i tre telescopi del satellite sono stati puntati in direzione del resto di supernova Cassiopea A. L’osservazione, che si basa sulla misura della polarizzazione della luce a raggi X, durerà circa tre settimane, ma non sarà l’unica: nel corso del suo primo anno di vita, Ixpe osserverà circa 40 oggetti spaziali diversi.
Le risposte che cerca il satellite
Come ruotano i buchi neri? E come fanno le pulsar a emettere raggi X? Il progetto Ixpe cerca di rispondere a queste e altre domande sui resti stellari misurando la quantità e la direzione di polarizzazione della luce a raggi X. I raggi X cosmici, infatti, sono una forma di radiazione ad alta energia prodotta da entità astrofisiche come i buchi neri, le stelle di neutroni o le supernove.
I raggi X sono in grado di fornire informazioni dettagliate sui fenomeni che li producono, ma essi non possono raggiungere il suolo terrestre perché vengono schermati dalla nostra atmosfera: è per questo che gli scienziati che si occupano di studiare i resti stellari si servono di telescopi nello spazio, come quelli presenti su Ixpe.
Il satellite è stato lanciato in orbita un mese fa e, dopo un breve periodo di aggiustamento, ha iniziato le sue prime rilevazioni, a circa 540 chilometri dalla Terra. In particolare, i tre telescopi presenti sul satellite misurano la luce a raggi X polarizzata, ovvero quel particolare tipo di radiazione elettromagnetica che oscilla in una sola direzione (e non in tutte le direzioni possibili, come la luce “normale”), e che consente di raccogliere preziose informazioni riguardo ciò che l’ha generata e i mezzi che la radiazione ha dovuto attraversare prima di giungere fino al satellite.
I tre occhi di Ixpe
Ixpe trasporta, quindi, tre telescopi identici, ognuno dei quali possiede una serie di specchi cilindrici e un rivelatore: gli specchi raccolgono i raggi X provenienti dagli oggetti celesti e li indirizzano sui rivelatori, che creano un’immagine dei raggi X che li hanno colpiti e misurano la polarizzazione della luce. Si tratta, come si legge sul sito della Nasa, della prima missione a cui collabora l’ente spaziale statunitense che sfrutta la misura della polarizzazione dei raggi X, ma Ixpe è in gran parte made in Italy: i rivelatori, chiamati Gas pixel detector, infatti, sono stati costruiti dai ricercatori italiani dell’Asi, con il contributo dell’Infn e dell’Inaf.
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www.wired.it
2022-01-13 16:29:02