La riapertura delle scuole convince il 43%. Per il 60% la didattica a distanza crea diseguaglianze
L’implacabile aumento dei contagi degli ultimi due mesi ha indotto il governo ad adottare un provvedimento inedito:
l’obbligo vaccinale per le persone di oltre 50 anni
. Poco più di un italiano su dieci si dichiara a favore della misura, ma addirittura il 53% vorrebbe che venisse estesa a tutti i non vaccinati, indipendentemente dall’età e dal tipo di occupazione; al contrario, il 9% preferirebbe limitarlo a coloro che lavorano nei settori essenziali e a rischio, come il personale sanitario o le forze dell’ordine, mentre il 20% si dichiara contrario a qualsiasi forma di obbligo e il 7% non ha un’opinione definita.
Dunque, due italiani su tre (64%) sono favorevoli all’obbligo generalizzato o limitato a chi ha più di 50 anni e l’accordo prevale tra tutti i gruppi sociali, con punte più elevate tra le persone meno giovani (70%), tra i laureati (70%), i ceti dirigenti (85%) e i pensionati (70%), tra coloro che si informano prevalentemente tramite i mezzi classici (tv, stampa e radio con circa il 70%) e tra gli elettori del Pd (87%), degli altri partiti del centrosinistra (80%) e del M5s (75%).
I contrari tout court, come era già emerso nell’analisi dei no-green pass pubblicata su queste pagine, sono più numerosi tra i lavoratori autonomi (29%), le persone in maggiore difficoltà economica (33%), nonché tra gli astensionisti (27%) e gli elettori di Fratelli d’Italia (29%) e tra coloro che si informano prevalentemente attraverso i social (27%). Tra questi gruppi, il maggiore dissenso sul provvedimento sembra riconducibile a tre elementi: l’opposizione al governo o la distanza rispetto alla politica, le difficoltà economiche e il modo in cui le persone si informano.
Altri due temi connessi alla pandemia sono stati al centro del dibattito: la riapertura delle scuole e lo smart working. Sulla scuola le opinioni non sono univoche, infatti la maggioranza relativa (43%) approva la decisione di riaprirle regolarmente mentre il 22% avrebbe prudenzialmente preferito la didattica a distanza, quanto meno per un periodo limitato ad alcune settimane, e il 21% avrebbe ritenuto più opportuno mantenere le scuole chiuse e posticipare la ripartenza.
A questo proposito, il presidente Draghi si è espresso in termini molto netti rispetto alla dad sostenendo che provoca diseguaglianze destinate a durare, che si riflettono sul futuro della vita degli studenti, compreso quello lavorativo e salariale. Ebbene, il 60% degli italiani si dichiara d’accordo con questa affermazione, mentre il 26% dissente.
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Quanto allo smart working, dopo la circolare rivolta alle pubbliche amministrazioni e alle imprese private per raccomandare il massimo utilizzo in questo periodo della flessibilità prevista dagli accordi sul «lavoro agile», abbiamo chiesto ai lavoratori presenti nel campione se prevedono di aumentare le ore di lavoro in smart working rispetto ai mesi precedenti: i lavoratori si dividono, il 28% intende farne ricorso in misura maggiore e il 25% non è propenso, mentre l’8% non ha ancora deciso e il 39% svolge un lavoro che non prevede questa possibilità.
I più intenzionati ad aumentare lo smart working sono dipendenti pubblici (43%) e, nel settore privato, dirigenti, quadri e impiegati (38%); viceversa tra i lavoratori esecutivi del settore privato due su tre (64%) non hanno la possibilità di lavorare «in remoto», il 19% non ritiene di poter aumentare le ore in smart e solo il 14% prevede di lavorare di più da dimora. È evidente che questa modalità di lavoro rischia, in prospettiva, di creare disuguaglianze tra le diverse categorie di lavoratori e motivi di frustrazione e di recriminazione tra chi ne è escluso.
I provvedimenti governativi delle ultime settimane sono stati adottati tra non poche tensioni interne. Draghi non ha nascosto le divergenze, ma ha precisato che non sono mai state di ostacolo all’azione del governo.
Sul futuro dell’esecutivo, però, gli italiani si dividono: il 42% prevede che la maggioranza sia destinata a durare nei prossimi mesi, mentre il 41% esprime scetticismo e pronostica la sua fine. È un dato da tener presente in vista dello scenario che si potrà delineare dopo l’elezione del presidente della Repubblica, che avrà inevitabili ripercussioni sul clima sociale.
15 gennaio 2022 (modifica il 15 gennaio 2022 | 07:00)
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Nando Pagnoncelli , 2022-01-15 06:00:55
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