di Will Bedingfield
Il giorno di Capodanno, il presidente di Square Enix Yosuke Matsuda ha pubblicato una lettera aperta in cui ha professato il suo amore per la tecnologia blockchain e i non-fungible token (Nft), aggiungendosi nel dibattito a Ubisoft, Peter Molyneux e GSC Game World (la società che ha sviluppato Stalker 2). Matsuda ha detto che spera che queste tecnologie diventino una “tendenza importante nel settore del gaming in futuro“. Come ci si poteva aspettare, la lettera non è stata accolta in modo molto positivo.
Diverse persone hanno fatto notare che la lettera è incomprensibile e disseminata di confuse terminologie tecniche. Matsuda, però, fa una distinzione illuminante. Ai suoi occhi, esistono da un lato il gioco fine a se stesso, o “‘il giocare per divertirsi’ […] motivato da emozioni strettamente personali e intangibili come la buona volontà e l’altruismo, che nasce dal desiderio individuale di esprimersi“, e, dall’altro lato, “il giocare per contribuire“, un’attività che dovrebbe essere alimentata da un “incentivo esplicito“, cioè il denaro. La prima modalità, sembra suggerire Matsuda, è incomprensibile e bizzarra, mentre la seconda sarebbe intelligente, normale e produttiva.
Matsuda mette sullo stesso piano videogiochi e lavoro, nello specifico il lavoro retribuito. Inquadrare le due attività in questo modo, in termini di produttività e responsabilizzazione del lavoratore, è un espediente finalizzato a far accettare tecnologie come gli Nft. Nei prossimi anni i tentativi in questo senso saranno sempre più numerosi, con alcuni giochi che diventeranno davvero indistinguibili dall’attività lavorativa.
Gioco vs lavoro
Dal momento che spesso descriviamo i giochi come facciamo con il lavoro, ricorrendo per esempio a termini come fatica e ricompensa, occupandoci di fattorie in Farming Simulator, o connettendoci per completare “missioni giornaliere“, alcuni critici si sono inevitabilmente chiesti se quello che facciamo nei videogiochi sia davvero un gioco.
Ovviamente gioco e lavoro sono attività speculari. La loro distinzione è sia esemplificativa che soggettiva: per me uccidere cavalieri d’argento tutto il giorno sui gradini di Anor Londo per ottenere la lama della luna oscura è un lavoro, perché è una cosa che odio fare. Ma qualche pazzo potrebbe farlo per divertimento, nello stesso modo in cui noi ci dedichiamo ad attività di svago, come la pesca, per le quali altre persone vengono pagate. Alcuni studiosi hanno definito il modding come una forma di lavoro non retribuito, ma con la stessa facilità potrebbe essere visto come un hobby, al pari della pittura. Spesso, chi progetta videogiochi opera una distinzione tra il piacere intrinseco (giocare ad Halo % ore perché adoriamo farci sparare in testa) e la ricompensa estrinseca (fare la stessa cosa, ma perché vogliamo aumentare di livello del pass battaglia e ottenere così una skin mimetica per le nostre armi).
Source link
www.wired.it
2022-01-16 06:00:00