di Gianluca Dotti
L’incertezza della scienza è oggi – ed è da tempo – uno dei temi più complessi da gestire e da comunicare. Persino quelle che vengono (forse erroneamente) chiamate scienze esatte come la matematica, la fisica e la logica sono in realtà permeate di incertezza, e in altre discipline scientifiche come la medicina o la data science questa caratteristica appare ancora più evidente.
Ma attenzione: ribadire che la scienza ha un’ineliminabile incertezza intrinseca non significa ammettere una mancanza di comprensione del mondo o sostenere che il metodo scientifico non possa produrre conoscenza. Al contrario, vuole dire prendere atto di come tutte informazioni sul mondo di cui siamo in possesso siano frutto di osservazioni e misure che hanno sempre un margine di incertezza. Ed essere consapevoli che l’incertezza stessa si annida pure al livello dei costituenti fondamentali del mondo, come la meccanica quantistica e la fisica delle particelle elementari ci mostrano.
Una quantificazione scientifica non è mai un semplice numero, ma un numero associato a una propria incertezza. E si potrebbe dire, senza timore di esagerazione, che la scienza moderna è in grandissima parte una questione di valutazione, quantificazione, gestione e riduzione dell’incertezza. Con dinamiche e conseguenze per nulla banali quando si tratta di trasferire le questioni d’incertezza dalla comunità scientifica alla società, come per esempio si è visto in occasione dell’emergenza sanitaria da Covid-19 (tra curve dei contagi, efficacia dei trattamenti eccetera), o quando si tratta di fare proiezioni sul futuro dei modelli climatici relativi al riscaldamento globale.
Questi temi sono anche al centro di una mostra in corso in queste settimane a Roma, dal titolo auto-esplicativo Incertezza. Interpretare il presente, prevedere il futuro. Aperto al pubblico fino al 27 febbraio, il percorso espositivo è a cura dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) in collaborazione con – tra gli altri – lo European Gravitational Observatory (Ego), il Gran Sasso Science Institute (Gssi) e il francese Epicx lab-Inserm. La mostra è ospitata a Palazzo delle Esposizioni e fa parte di un progetto più ampio, Tre stazioni per Arte-Scienza, co-prodotto da Palaexpo e dedicato all’incontro tra ricerca scientifica di frontiera, arte e società. Oltre al percorso sull’incertezza, le tre stazioni includono un percorso storico (La scienza di Roma. Passato, presente e futuro di una città) e uno artistico (Ti con zero) in cui la scienza funge da ispirazione per opere d’arte o diventa essa stessa una forma d’arte.
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www.wired.it
2022-01-31 06:00:00