Il Comune di Castellammare di Stabia è arrivato a spendere anche mezzo milione di euro all’anno (566mila euro per la precisione nel 2018) per la pulizia degli immobili comunali. Ma su quei costi esorbitanti hanno avuto un peso anche gli errori commessi nei capitolati d’appalto che dall’aprile 2017 – di proroga in proroga – hanno permesso a una ditta di Gragnano di gestire quel servizio.Infatti, il Comune di Castellammare di Stabia per oltre un anno ha pagato alla società anche la pulizia di immobili chiusi da decenni o che addirittura non erano di proprietà dell’Ente. La vicenda è stata oggetto di approfondimenti da parte della commissione d’accesso che ha indagato per sei mesi sulle presunte infiltrazioni della criminalità organizzata a Palazzo Farnese ed è menzionata nella relazione finale che ha portato allo scioglimento del consiglio comunale, ma è solo spulciando i capitolati che si può riuscire a comprendere il danno causato ai cittadini stabiesi.Alla ditta che ha gestito l’appalto, sono stati pagati per oltre un anno e mezzo anche i servizi resi: per la pulizia settimanale degli uffici delle Antiche Terme (chiuse da oltre 50 anni); per quella quotidiana dei gabinetti pubblici di piazza Giovanni XXIII (chiusi già dal 2017); per quella quotidiana dei bagni di villa Gabola (aperta per pochissimi mesi in quel periodo); per quella settimanale degli uffici comunali di via Mazzini (chiusi da oltre un decennio). A questo va ad aggiungersi il fatto che nel capitolato d’appalto fosse stata addirittura inserita la pulizia quotidiana dei bagni di via Duilio che in realtà ricadono nella proprietà del demanio marittimo.Inserendo nel bando la pulizia per strutture che non potevano essere pulite perché chiuse o addirittura non di proprietà comunale, i costi del servizio lievitavano in maniera esorbitante, arrivando a oltre mezzo milione di euro all’anno.Al danno si aggiunge la beffa, se si considera che secondo il collaboratore di giustizia Pasquale Rapicano la ditta che ha gestito l’appalto di pulizia degli immobili comunali a Castellammare di Stabia, in realtà era gestita da un prestanome del boss Sergio Mosca. La commissione d’accesso ha documentato come in quell’impresa fossero stati assunti parenti del padrino di Scanzano e la moglie dello stesso Pasquale Rapicano, che prima di pentirsi era stato un killer al servizio del clan D’Alessandro.A dirla tutta, ad accorgersi delle anomalie nell’appalto di pulizia degli immobili comunali era stato l’ex assessore Gianpaolo Scafarto. Il maggiore dei carabinieri già nell’autunno del 2018, pochi mesi dopo l’insediamento della giunta di centrodestra a Palazzo Farnese, chiese chiarimenti al dirigente su alcune criticità che erano state rilevate nella gestione del servizio, a cominciare proprio dalle continue proroghe che venivano concesse alla società.
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2022-03-23 06:40:05 ,