AGI – Il compito che si sono assunti è andare a bussare nei rifugi bellici nel Donbass e cercare i vivi, per portarli in salvo, e i decessi, per raccoglierli nei sacchi della spazzatura e poi seppellirli.
Di loro racconta all’AGI Nataliya Dychenko, vicepresidente dell’associazione nazionale Italia-Ucraina Maidan, che vive da molti anni a Reggio Emilia: “Sono miei ex compagni di scuola di Popasnya e cerco di aiutarli come posso da qui, facendo dei bonifici. L’ultimo, da duecento euro, gli è servito per comprare i sacchi neri dove mettere i cadaveri che poi portano nelle fosse comuni oppure nelle zone dove non sparano per poterli seppellire con più tranquillità”.
Dychenko spiega che “girano per i rifugi che sono stati costruiti molto prima di questa guerra perché eravamo consapevoli del ‘vicino’ che avevamo, la Russia. Sono strutture sottoterra in cemento armato e con le ventole in modo che si possa restare al sicuro il più a lungo possibile. Se trovano persone vive le portano in zone più tranquille, se sono morte raccolgono i corpi. A volte ricevono delle segnalazioni e vanno in modo mirato a cercare persone su richiesta dei loro cari”.
“Vicini ad ammazzarsi per un pezzo di pane”
Tra i vivi c’è anche la madre di Natalya, la signora Elena di 67 anni. “Fino a due settimane fa ha resistito nel suo villaggio di Novozvanovcha, poi sono cominciati i bombardamenti pesanti e, grazie a questi miei amici che l’hanno prelevata, è riuscita a raggiungere il paese di Solidar dove sta in un appartamento messo a disposizione a lei e ad altri evacuati dai volontari. Purtroppo, non riesco a fargli avere cibo e medicine perché i russi sparano sui convogli umanitari. Posso solo fargli dei bonifici, anche per la benzina”.
“Mia madre – aggiunge – mi dice che non ci sono più farmaci e che c’è pochissimo da mangiare. Le persone sono vicine ad ammazzarsi per un pezzo di pane”.