La risposta occidentale all’invasione russa dell’Ucraina si è articolata in fornitura di armi e sanzioni economiche. L’Unione europea ne ha appena approvato un quinto pacchetto, che prevede lo stop all’acquisto di carbone e combustibili fossili russi a partire dal prossimo mese di agosto. Provvedimento che fa seguito alla decisione di Regno Unito e Stati Uniti di rinunciare al petrolio di Mosca. Ma qual è l’effetto di questi provvedimenti per l’economia russa?
Quanto pesano cioè in termini assoluti le esportazioni verso i paesi dell’Unione europea, il Regno Unito e gli Stati Uniti? E quanto in termini relativi, in rapporto cioè alle importazioni degli altri paesi del mondo di fonti fossili made in Russia? Per provare a capirlo, Wired si è affidata ai numeri raccolti dall’Observatory on economic complexity (Oec). Dati aggiornati al 2020 e che dicono questo:
Il grafico mostra i valori relativi al greggio, al petrolio raffinato, al carbone e al gas. I riquadri sono dimensionati sulla base del valore delle esportazioni russe nel 2020. Quelli blu rappresentano i paesi che fanno capo a Bruxelles, Londra e Washington. In giallo, invece, l’Ucraina.
Come si vede, solo per petrolio raffinato e gas i valori delle esportazioni verso paesi che potremmo definire occidentali rappresentano nel complesso più della metà del totale. Da segnalare che, per quel che riguarda il gas, secondo i dati Oec nel 2020 l’Italia è stata il primo partner commerciale della Russia.
In realtà, per ora Mosca deve prepararsi solo a fare i conti con lo stop al petrolio da parte di Stati Uniti e Regno Unito, che nel complesso nel 2020 hanno importato una somma di poco superiore agli 8 miliardi di dollari. E con il blocco europeo al carbone: due anni fa i paesi dell’Unione ne hanno acquistati per 3,4 miliardi di dollari. Cifre di per sé significative, ma di poco conto se si pensa che nello stesso hanno la Cina ha acquistato dalla Russia greggio per quasi 24 miliardi.
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di Riccardo Saporiti www.wired.it 2022-04-11 05:00:00 ,